Reportage

Una nuova comunità cagliaritana in crescita: arrivano le badanti

Autore: Maura Madeddu,
7 maggio 2007, 13:04
Da qualche anno, la realtà delle badanti si è molto diffusa a Cagliari, complici l'avanzamento dell'età media e la relativa crescita della richiesta di assistenza agli anziani.

Da qualche anno, la realtà delle badanti si è molto diffusa a Cagliari, complici l'avanzamento dell'età media e la relativa crescita della richiesta di assistenza agli anziani.
Sono soprattutto le donne ad essere richieste per questo lavoro; si tratta sempre di ragazze straniere, provenienti nella maggior parte dei casi dai paesi dell'Europa dell'est, tutti stati che essendo oggi in condizioni di grave crisi e povertà non offrono alla popolazione né sostegni né posti di lavoro stabili o adeguatamente retribuiti.
Così le donne arrivano in Italia in cerca di un lavoro che gli consenta di mandare avanti la famiglia, e sono quindi costrette a mandare quasi tutto lo stipendio a casa, soprattutto per permettere ai figli di studiare.
Alcune addirittura rinunciano al proprio giorno libero (può trattarsi, a seconda dei casi, di un week-end corto o di due mezze giornate separate) o lo sfruttano per lavorare da altre parti così da incrementare lo stipendio.
(È il caso di MIRA, ucraina, quattro figli al suo paese cui è rientrata da poco per una necessità familiare. Non vedeva i figli da più di due anni. Abitualmente usufruisce del giorno libero, il giovedì, per fare dei lavori domestici presso un'altra famiglia e ottenere così degli extra.)
La paga per tutte si aggira mediamente intorno agli 800 euro mensili, più vitto e alloggio presso la famiglia ospitante. I giorni extra vengono pagati a parte: 25 euro ca. per i sabati e i prefestivi, e 50 euro ca. per le domeniche e i festivi.
Il giovedì e/o la domenica sono i giorni liberi più richiesti dalle badanti, nelle cui sere solitamente si riuniscono, quasi fossero una vera e propria comunità, nella piazza della Darsena, vicino alla nuova fontana, forse legate da un forte sentimento di solidarietà: per quasi tutte infatti le colleghe costituiscono qui l'unica rappresentanza della loro cultura e del loro paese d'origine.
Per quanto riguarda l'integrazione, nessuna delle ragazze intervistate lamenta di non trovarsi bene nelle famiglie ospitanti o nella città in cui vivono, anzi tutte affermano la disponibilità che riscontrano nelle persone a cui chiedono un aiuto. Ciò anche perché gli italiani si stanno aprendo sempre di più ad una mentalità volta all'integrazione e alla comprensione delle difficoltà che queste persone incontrano per lavorare.
È importante sottolineare come in questi paesi, non tanto per cultura quanto per necessità, sia la donna a farsi carico della famiglia.
Infatti, nei paesi d'origine ci sono poche possibilità di lavoro per gli uomini, che vengono comunque anch'essi sottopagati, e anche qui in Italia sono le donne ad essere maggiormente richieste per questo tipo di occupazioni.
Spesso oltretutto gli uomini che si trovano in mancanza di lavoro si stordiscono con l'alcool e il gioco, con il risultato che le donne, oltre ad essere costrette ad emigrare per far sopravvivere la famiglia, devono anche risolvere gli imprevisti economici creati da padri o mariti non esattamente responsabili.
Verrebbe da chiedersi come mai, viste le condizioni di precarietà nei loro paesi e la sofferenza cui sono costrette stando lontane, non portino con loro i figli.
La risposta è presto detta: Aida racconta che per arrivare in Italia ha speso ben 5000 euro tra biglietto aereo, visti e documenti. Moltiplicare cifre del genere per tutti i componenti del nucleo familiare sarebbe, nella stragrande maggioranza dei casi, impossibile.