Reportage

Passato, presente e futuro di un'istituzione cittadina.
Mercato vecchio
Mercato vecchio

C'era una volta il "Partenone"

Sulle fondamenta dell'ex convento di Sant'Agostino, nel settembre del 1882, dal progetto di Enrico Melis, iniziano i lavori di costruzione, conclusi nel 1886. Una descrizione articolata dei due edifici di cui si componeva sarebbe lunga e complessa. Basti però pensare che, a testimonianza dell'impressione suscitata dal complesso mercantile, la pubblicazione “Le Cento città d'Italia” gli dedica tre delle quindici litografie illustrative di Cagliari.

Tutto ciò che ne rimane è inglobato nella facciata della Retoria di Sant'Agostino, facilmente distinguibile se si hanno foto alla mano, e negli edifici della zona retrostante, tra via Baylle e via del Mercato Vecchio, la quale fino al momento della demolizione separava le due strutture. Della seconda di queste rimane ben poco: ancora dopo tanti decenni dallo smantellamento non si è trovata una collocazione alle colonne cui si deve il familiare epiteto con cui i cagliaritani ribattezzarono il mercato inferiore: l'ingresso, così simile al pronao di un tempio greco, gli valsero il nomignolo di “Partenone”.

L'idillio tra Cagliari e il suo mercato ebbe vita breve: negli anni precedenti il boom economico la struttura fu considerata obsoleta e poco adeguata all'espansione della città, restando esclusi dal servizio i quartieri più lontani dal centro storico. Motivi sufficienti per i Cagliaritani che, pur volendo trasformare il Largo nel “salotto buono” della città, non erano però intenzionati ad abbattere gli storici edifici, quanto piuttosto a riqualificarli. Numerose petizioni giunsero alla redazione dell'Unione Sarda, che stimolò la fantasia dei lettori sulle potenziali destinazioni d'uso del vecchio mercato.

Sorda a queste richieste, l'Amministrazione comunale andò avanti per la sua strada, forte delle necessità logistiche ed igieniche, consapevole della variabile economica: le due strutture furono vendute e smantellate in un breve lasso di tempo, lasciando poche tracce, oltre a quelle nella memoria dei Cagliaritani.