Reportage

Quali e dove sono. Dismissioni e ipotesi di recupero.
Maurizio Porcelli
Maurizio Porcelli

Intervista al Presidente della Commissione Cultura Maurizio Porcelli

La Commissione Comunale Cultura ha fatto un tour lungo i siti militari passati alla Regione: quali sono i risultati emersi da questi sopralluoghi?

Il primo dato emerso è che nella città di Cagliari insistono dei siti militari ormai dismessi che sarebbero immediatamente utilizzabili, dal punto di vista strutturale, se soltanto fossero messi a disposizione dell’amministrazione comunale. La città ha bisogno di spazi per portare avanti le sue attività e queste aree potrebbero rispondere alle sue molteplici esigenze, diventando circoli culturali, impianti sportivi, o più in generale centri di aggregazione sociale.

Quali sono le idee e i progetti che la Commissione Cultura intende proporre per sfruttare al meglio le potenzialità di questo vasto patrimonio?

I progetti sono tanti: all’interno dei capannoni dell’ex Deposito Carburanti di Monte Urpinu, per esempio, potrebbero albergare molte delle associazioni cittadine che non hanno ancora trovato una sede, e gli immensi piazzali potrebbero diventare la base per centri di avviamento sportivo. Sono in programma anche un Museo di storia militare che dovrebbe essere allestito presso l’ex Deposito dell’Aeronautica e dei centri congressi, di cui la città è molto carente, da usare all’occasione per ospitare convegni nazionali e internazionali.

Quale formula contrattuale certificherà il passaggio? Si tratterà di una cessione a titolo oneroso oppure il Comune dovrà, semplicemente, corrispondere (alla Regione) una cifra simbolica?

Non verrà speso neanche un euro perché esiste una precisa normativa nazionale, la quale prevede che tutti i beni dismessi passino agli enti locali che insistono nelle regioni a statuto speciale.

Il passaggio comporta dei vincoli specifici? Ad esempio il Comune si impegna a mantenere pubblico l’utilizzo di queste aree?

La finalità è quella di destinare queste zone all’uso pubblico, fermo restando che l’eventuale inserimento di enti privati nella gestione di questi spazi potrebbe rivelarsi comunque una risorsa per la Città. Ad esempio nella zona di Calamosca dove sono attualmente situate la Caserma Ederle e l’ex Poligono di tiro si potrebbero realizzare diverse strutture ricettive Alberghiere. Un sistema di B&B e Alberghi Diffusi, concepito nel pieno rispetto dell’Ambiente, potrebbe rispondere alle esigenze di accoglienza della Città e avere una ricaduta occupazionale non indifferente.

Quali dovrebbero essere gli effetti immediatamente positivi per la cittadinanza? La riconversione delle strutture avrà, anche, un riscontro economico?

Quello che i cittadini hanno davanti quando passano vicino ai siti dismessi è uno spettacolo di abbandono e desolazione: cancelli sbarrati, erbacce alte che si inerpicano sopra strutture in avanzato stato di deterioramento. Ma un tempestivo intervento da parte del Comune può bloccare tutto questo e restituire alla Città questi spazi, prima che siano occupati abusivamente, perché possa riconvertirli velocemente in strutture socialmente utili.

La questione della dismissione militare ha risvolti sociali ed antropologici molto importanti: lei crede che l’affrancamento di queste zone possa significare per i sardi una conquista in più nell’affermazione della propria identità.

Nonostante non si possa misconoscere il ruolo esercitato dalle forze armate in questi anni nella tutela ambientale di questi siti, altrimenti deturpati dalle colate di cemento di impresari senza coscienza, i sardi hanno tutto il dritto di riappropriarsi del loro territorio. Non bisogna dimenticare, inoltre, che la bonificazione di queste aree e la loro riconversione in attività economiche e produttive può attirare non solo gli abitanti ma anche l’utenza dei turisti.

Pensa che si possa riconoscere alle servitù militari il merito di avere preservato, in tutti questi anni, un immenso patrimonio naturalistico?

Sicuramente bisogna dare atto alle forze armate di aver preservato nel tempo queste zone dalla deturpazione ambientale. Trenta quaranta anni fa la sensibilità per l’ambiente non era forte come oggi e questi siti avrebbero rischiato di venire seriamente danneggiati dagli scempi dell’edilizia se non fossero stati presenti gli enti militari.