Il travagliato percorso che, dal 1828 ad oggi, ha portato al riconoscimento della monumentalità del camposanto di Bonaria a Cagliari.
La storia del cimitero: anni di splendore…e di declino
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Ripercorrendo i quasi due secoli di storia del camposanto Cagliaritano, la data forse più significativa è quella del 1864; durante quell’anno, infatti, furono realizzate le opere più importanti di quello che diventerà uno dei cimiteri più suggestivi d’Europa.
Si tratta di vere e proprie opere di interesse artistico, produzioni tangibili della pietà e della memoria che arricchiranno da allora in poi il patrimonio monumentale del cimitero, raccontando l’ambiente sociale, la cultura, il gusto e lo stile della società cagliaritana degli anni passati.
A dare il via alle creazioni artisticamente più affascinanti furono gli esponenti di numerose famiglie aristocratiche e facoltose di una Cagliari colta, allora, in un momento molto particolare: la città si apprestava a compiere il passaggio dall’ ancien regime ad una nuova epoca, accompagnata dall’affacciarsi di una neo-classe dominante proveniente dalle dinamiche imprenditoriali continentali.
Proprio queste famiglie, perfettamente insediate nella città, iniziarono a commissionare la realizzazione delle opere funerarie a famosi artisti dei loro paesi d’origine.
Di lì a poco, però, saranno molti gli scultori cagliaritani e sardi che presteranno la loro arte alla realizzazione di lapidi ed elaborate cappelle private.
È così che ancora oggi è possibile ammirare le opere di Cosimo Fadda, Giuseppe Boero, Cosimo Carta, Francesco Ciusa, Enrico Geruggi, e ancora di Filippo Figari e Fortunato Bogliolo e tanti altri, dar lustro al camposanto.
Il riconosciuto prestigio artistico di queste opere non sfuggì, tra l’altro, neanche alla stampa locale: l’Unione Sarda fu probabilmente, tra tutti i mezzi di informazione, quella che più da vicino seguì l’evoluzione del camposanto cittadino.
Dal 1889, anno della fondazione della testata, al 1914 gli vennero dedicati più di dieci servizi, prestando un’attenzione particolare soprattutto alle opere di Sartorio.
Ma la storia del “tempio-giardino” cagliaritano è attraversata anche da capitoli di abbandono e non curanza da parte dei cittadini, atteggiamenti notevolmente aggravati dai danni causati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Da quella data in poi, infatti, il degrado del cimitero registrò una brusca accelerazione dovuta alla noncuranza dei nuovi esponenti delle antiche famiglie aristocratiche, nuove generazioni non più disposte ad occuparsi del decoro delle cappelle dei loro avi, al decadimento stesso dell’area cimiteriale e, negli ultimi anni del Novecento, perfino all’incursione di vandali e ladri.
Fenomeno, quest’ultimo, che ha tristemente interessato il cimitero fino ad epoche recenti.
Dal canto suo l’Amministrazione Locale si è impegnata più volte nel tentativo di porre rimedio alla desolante situazione del camposanto.
Nel 1968 decise di interrompere le tumulazioni, chiudendo un cimitero ormai completamente inglobato nella città; da quella data in poi le sepolture si effettuarono solo nel Cimitero di San Michele, aperto già dal 1940.
Parallelamente, in quello stesso anno, il Comune avanzò la richiesta di riconoscimento ufficiale di monumentalità e, nel 1985, diede il via ad un importante programma di restauro, purtroppo mai completamente portato a termine a causa della limitatezza dei finanziamenti disponibili.