Reportage

Le origini della processione, la storia del santo e la sagra odierna che si celebra ogni 1° maggio a Cagliari.

La nascita della processione.
Il XVII secolo a Cagliari vide la rinascita della spiritualità religiosa legata al programma controriformistico che si era stabilito durante gli anni del Concilio di Trento (1545-1563); ben otto vescovi sardi parteciparono personalmente ai lavori del Concilio. La Chiesa Sarda si trovò nella felice situazione di non dover combattere nessuna eresia, grazie a due fattori in particolare: l’attaccamento alla Santa Sede di Roma e l’isolamento geografico proprio dell’isola.

La situazione urbanistica cagliaritana era rappresentata quasi esclusivamente dai quattro quartieri storici. Il quartiere di Castello era abitato dalla nobiltà isolana, dalla Curia Vescovile, e vi si svolgeva la maggior parte dell’attività burocratica e politica della città e della Sardegna, mentre gli altri tre quartieri, Marina, Stampace e Villanova erano abitati per lo più da gente povera, in genere mercanti, contadini. Nel 1600 Cagliari contava circa 16000 abitanti, lo sviluppo demografico era in costante crescita, infatti, nonostante le cattive condizioni di vita e le pestilenze, che si sono abbattute sull’isola durante il corso del XVII secolo, nel 1688 si contavano 16276 abitanti.

Durante il 1600, la vita religiosa, già intensa nel corso del secolo precedente, si arricchì di frequenti feste anche se la mentalità e i costumi morali della gente di Cagliari fossero piuttosto severi in ossequio e obbedienza alla Chiesa. Il Clero esercitava un grande influsso sul popolo, ed era presente alla gente la distinzione tra Basso e Alto Clero. Accanto ai sacerdoti secolari arrivarono nell’isola anche gli ordini religiosi, alcuni dei quali nati in seno alla Controriforma e per questo portatori dei dettami del Concilio Tridentino, come i Gesuiti.

La città si divideva in quattro parrocchie rispondenti ai quattro quartieri storici: Castello, la cui parrocchia era la cattedrale intitolata alla Madonna, la cui patrona era Santa Cecilia; Marina, la cui parrocchia era Sant’Eulalia; Stampace, la cui parrocchia era Sant’Anna ed infine Villanova, la cui parrocchia era San Giacomo.

In questo quadro religioso così vivo e pieno di iniziative molto amate dai cagliaritani, si diffusero le Confraternite laiche, le quali spesso si interessarono, oltre che di iniziative benefiche e caritatevoli, di allestire feste religiose in onore dei santi e della loro intercessione per i mali che affliggevano la città.

In quest’ambito si inserisce il compito di curare il culto del santo martire Efisio dell’Arciconfraternita del Gonfalone, oggi conosciuta col nome di Confraternita di Sant’Efisio; attiva a Cagliari dal 1538, aveva la sua sede nella chiesa di Sant’Efisio nel rione di Stampace Bassa. Ancora oggi, ogni primo maggio, si rinnova il voto fatto al Santo per la liberazione dalla peste nel lontano 1656.

La peste giunse in Sardegna nel 1652, si narra, tramite una nave proveniente dalla Catalogna a Porto Conte, vicino ad Alghero. Le merci che erano contenute nella nave, chiaramente portatrici del morbo vennero vendute divenendo veicolo della peste che sino allora non era giunta in Sardegna. La malattia si diffuse a macchia d’olio giungendo anche al Campidano e alla Città di Cagliari. La situazione rimase drammatica per ben quattro anni, tutta la Sardegna era in preda alla disperazione e al dolore provocati dalla perdita di così tante vite umane. Nella sola città cagliaritana, nell’ottobre del 1656, si registrarono fino a punte di 200 morti giornaliere.

A questa situazione così tragica si rispose con la preghiera, unica arma rimasta ad un popolo che era stato messo in ginocchio da una malattia difficile da curare. Fu così che si chiese l’intercessione della Madonna di Bonaria e del Santo Martire Efisio, antico protettore di Cagliari. I cuori affranti della povera gente si rivolsero bramanti di speranza verso il Santo; il suo simulacro venne portato in processione; a questa vi parteciparono i gremii con i loro stendardi, le confraternite, il clero ordinario e secolare, tutta la curia arcivescovile, con a capo il vescovo in abiti pontificali, tutte le autorità cittadine, ed infine la folla popolare.

Venne fatto voto a Sant’Efisio, da parte della Municipalità che si affidò totalmente al Santo già dall’inizio della pestilenza nel 1652, di onorare ogni anno la grazia, che per intercessione del Santo, era stata donata alla città di Cagliari e a tutta la Sardegna, con una processione solennissima che doveva ripercorrere, e tutt’oggi ripercorre, tutte le tappe del martirio del Santo Cagliaritano: dal carcere che era stato individuato nella caverna tufacea sotto la chiesa del Santo fino al luogo del martirio a Nora, per poi ritornare nella sua Chiesa di Stampace. A questa solenne processione parteciparono, e partecipano ancora oggi, diversi paesi, poiché Efisio liberò dalla peste non solo la Città di Cagliari ma anche il resto della Sardegna, per questo ogni anno vengono ad onorare il voto fatto in quel lontano 1656 diversi paesi provenienti da tutta la Sardegna.

La statua di Sant’Efisio rimase esposta all’adorazione dei fedeli fin dall’inizio della tragica comparsa della peste nel 1652, nell’altare maggiore della Cattedrale cagliaritana in Castello, per poi venir riportata nella omonima Chiesa di Stampace. Nel maggio del 1657 venne fatta la prima solenne processione per lo scioglimento del voto fatto dalla Municipalità di Cagliari; venne trasportato il simulacro del Santo fino alla chiesetta di Nora, accompagnato dalle autorità cittadine e dai rappresentanti di tanti paesi.