Reportage

Il documentario in Sardegna: un’Isola raccontata da oltre un secolo

Autore: Giulia Antinori,
5 luglio 2007, 12:21
La realtà sarda raccontata dai sardi. Questo è fare documentari in Sardegna.

Dagli anni '60 a oggi - Prima parte

A partire da metà degli anni '60 in Sardegna si fa strada un interesse rinnovato per una documentazione naturalistica e sociale dell'Isola ancora oggi molto apprezzata. A occuparsene per primo era stato il regista toscano Giuseppe Ferrara, realizzando nel 1961 "Lo stagno", un film-documentario sulla lotta dei pescatori di Cabras contro i diritti feudali. Il sofferto passaggio dai modelli culturali tradizionali al nuovo mondo dell'industrializzazione fu ritratto bene da autori come Dessì, Mantovani, Pira e Serra e nel '68 la stessa Rai aveva affidato a Giuseppe Lisi un'inchiesta sull'economia dell'isola dal titolo "Dentro la Sardegna". Del '72 è poi una ripresa aerea della Sardegna, conservata alla Cineteca sarda, realizzata da Folco Quilici, uno dei più grandi documentaristi italiani, a testimonianza dell'interesse generalizzato per l'Isola.

Tra gli autori sardi che alla fine degli anni '60 si cimentano nella pratica documentaristica spicca la figura di Salvatore Sardu, professore universitario ora in pensione, che nel '68 ha distribuito il suo primo documentario "Nasce il paese museo". E di pochi anni dopo sarà poi la "trilogia mineraria" che lo renderà celebre. Da allora la sua attività non si è più fermata e in 40 anni ha prodotto un centinaio di documentari di vario genere, da quelli socialmente impegnati a quelli prettamente turistici, passando per il genere naturalistico. Tantissimi anche i riconoscimenti ottenuti, tra cui la vittoria incontrastata del Video Scotch Trophy nell''84.
Ma sono pochi, in realtà, quelli che, oltre a lui, hanno fatto del documentario l'unico prodotto della propria attività, puntando tutto nel raccontare la Sardegna con riprese "reali" e commenti.

Grande professionista sardo del documentario dei nostri tempi è Davide Mocci. Ancora in fasce quando Sardu iniziava la sua attività, nell'83 stava realizzando le sue prime riprese negli stagni del cagliaritano, filmati che gli avrebbero aperto le porte del professionismo anche oltremare. E poi i vari successi che l'hanno portato anche alla Rai in tv, con i lavori per Geo&Geo.
Per uno che del documentario ha fatto il suo lavoro e la sua vita, ce n'è un altro che, pur non professionista, dalla fine degli anni '80 sta ottenendo molti riconoscimenti. È l'oristanese Antonello Carboni. "Voci della montagna", del 1998, è il suo primo lavoro e racconta l'attività di due pastori nelle campagne di Teti, nel Mandrolisai, recentissimo è poi "Provvista familiare: il casizolu", del 2006. Ma il più conosciuto è sicuramente "David Herbert Lawrance e la Sardegna", sul viaggio dello scrittore inglese nell'Isola.

E poi c'è Giancarlo Cao, il cui nome è legato ai documentari anche se i lavori sulla Sardegna che l'hanno fatto conoscere sono considerati piuttosto film: "Signora Karales", del 2001, è un collage di racconti di viaggio su Cagliari, "Terra d'acqua", invece, racconta l'acqua come elemento vitale per l'Isola.
È con Enrico Pitzianti però che si parla di nuovo, in questi ultimi anni, di documentarismo sociale. La sua trilogia del lavoro racconta, sotto forma di docu-film, la dismissione dei traghetti tra Golfo Aranci e Civitavecchia da parte delle Ferrovie dello Stato con "L'ultima corsa", la vita dei lavoratori nei pozzi di Monte Poni con "Un anno sotto terra", lavoro che è valso all'autore il premio Libero Bizzarri nel 2003, e lotta dei pescatori di Sant'Anna Arresi contro la base militare di Teulada e il problema delle servitù militari nell'Isola con "Piccola pesca", distribuito nelle sale nazionali.

Un caso particolare è poi quello di Luca Pinna, segretario regionale del Wwf per lavoro e documentarista per passione, confeziona documentari quasi esclusivamente per le Amministrazioni comunali, su richiesta delle stesse o dietro sua proposta.