Reportage

La danza delle cifre: sappiamo chi e come siamo?

Autore: Marta Nonnis,
7 ottobre 2010, 12:39
Fotografia della società italiana con focus su Cagliari e sulla Sardegna, sviluppata dagli atti del convegno nazionale di statistica svoltosi nel capoluogo sardo.
Crisi del maschio italiano -
Crisi del maschio italiano -

Crisi del maschio italiano

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Le nuove generazioni affette dalla “sindrome del ritardo”.

Che la figura del principe azzurro fosse morta da tempo, persa nei meandri del femminismo o nell'impossibilità di sfuggire alle mura protettive del castello domestico, si sapeva da un po'. Il guaio è che a darci la triste conferma sono le indagini Istat sulle nuove generazioni italiane. Ci hanno visto lungo le studentesse cinesi nel Sol Levante: ben il 78% di loro ambiscono a ruoli di comando, e la percentuale di amministratori delegati cinesi donne supera incredibilmente quella degli Usa. Per non parlare della percentuale di ammesse nei migliori atenei: il 70% è donna.(Repubblica, 21.09.10)

Dal rapporto annuale Istat anche la nuova generazione rosa italiana appare più determinata, più brillante e più indipendente dei coetanei maschi. E' la cosiddetta “sindrome del ritardo”: si alza la soglia della maturità, con un numero sempre crescente di ragazzi che tardano a laurearsi, ad entrare nel mondo del lavoro e, per un fenomeno a catena, ad uscire dalla famiglia e a decidere di sposarsi o convivere. Basti pensare che tra i 18 e i 34 anni, il 60% è single, e il dato che preoccupa riguarda il rinvio dell'abbandono della famiglia d'origine, più marcato nei maschi rispetto alle donne.

Colpa delle madri italiane troppo chiocce e apprensive? Non solo. Molto spesso si rimane a casa per costrizione, dato differente rispetto al passato, dove l'allungamento della permanenza era più una scelta. Infatti, anche per effetto della recentissima crisi economica (300000 giovani hanno perso il lavoro nel 2009), la precarietà fa da freno alla voglia di progettare. E' la famiglia, ancora una volta, a rappresentare un importante ammortizzatore sociale per i giovani, i più colpiti dalla crisi, specie chi vive al Sud.

E in Sardegna la situazione non cambia. Come nel passato, lo spopolamento sta continuando a colpire le zone interne dell'isola che si stanno svuotando a favore delle regioni costiere. Unici tassi positivi di incremento naturale della popolazione sono la zona intorno alla capitale dell'isola, a Sassari, Porto Torres e Olbia.
Il dato preoccupante riguarda la continua corrente emigratoria che sta allontanando, spesso definitivamente, un altissimo numero di giovani dalla Sardegna. Una perdita significativa per l'economia e il futuro dell'isola, perchè si tratta di un'emigrazione di qualità (un'altissima percentuale è laureata, se non in possesso di master post universitari). Un vuoto non colmato dall' immigrazione straniera, caratterizzata invece da un capitale umano di medio-bassa formazione.

La fuga dall'isola è chiaramente legata alla crisi economica internazionale che sta colpendo anche l'Italia (il tasso di disoccupazione nel 2010 dell'8,5% non toccava questi livelli dal 2003). In Sardegna la percentuale di disoccupati ha raggiunto il 16,1% nel primo trimestre del 2010 (il massimo dal 2004) per poi scendere di tre punti percentuale nel secondo, anche in seguito al respiro dato all'economia dal lavoro stagionale.

In assenza di una prospettiva di lavoro concreta, aumentano le immatricolazioni all'università e si riducono gli abbandoni degli studi a metà percorso, forse anche in conseguenza del passaggio dal vecchio ordinamento al nuovo, con tappe intermedie da raggiungere. Le ragazze sono più brave dei ragazzi, anche se in generale, tra i giovani, ci sono meno laureati rispetto alla media europea.
Se il quadro universitario è tutto sommato positivo, il tasso di scolarizzazione giovanile è ancora sotto di due punti percentuale rispetto agli obiettivi di Lisbona: nel 2009 1 ragazzo su 5 abbandona gli studi prima della maturità, con una media molto più alta rispetto all'Europa. E non va meglio per il livello culturale degli adolescenti, stimato sempre al di sotto di quello europeo.
Numeri che rivelano dunque degli aspetti che erroneamente si pensano superati, ma che vanno a pesare sul futuro delle nuove generazioni e sulla loro competitività a rischio.