Reportage

Il processo di inserimento delle comunità straniere raccontate ed analizzate da chi le vive quotidianamente: Don Marco Lai.

Capitale della Cultura e delle Culture?

Il rapporto tra cagliaritani e stranieri: aperti e contaminati in un'armonia di colori.


Una città che quest'anno si è fregiata del titolo di Capitale Italiana della Cultura non può prescindere dall'essere multiculturale, cioè una città in cui vengono meno le differenze etniche, religiose e culturali in quanto tutti hanno pari dignità. Il rapporto che c'è tra i cittadini cagliaritani e i loro pari stranieri è sorprendentemente vario e ricco di tendenze positive.

Ma se ci si dovesse soffermare solo a leggere i giornali ci aspetteremmo di trovare barricate, fobie e luoghi comuni. L'opinione di Don Lai al riguardo è molto netta e nonostante alcuni casi isolati, non nasconde una certa soddisfazione nel constatare le buone pratiche cagliaritane in tema di integrazione.

Credo che capiti molto spesso che noi ci facciamo un'idea e poi crediamo che sia quella giusta senza metterci troppe domande. Quello che ci colpisce maggiormente immaginiamo sia il pensiero reale. Di fatto in questi dieci, quindici anni di impegno personale rispetto a questo tema posso dire che la gente la pensa diversamente rispetto a quello che scrivono i giornali o rispetto a quello che è il terrore e la paura della politica.

E' un miracolo l'armonizzarsi di colori e profumi diversi derivanti dalla cucina sarda con quelle delle altre culture, l'artigianato nostrano a fianco a quello che viene magari dall'oriente; non ci sono steccati. Le navi da crociera sono una testimonianza di questo fatto, quando arrivano Cagliari si lascia contaminare facilmente da questi turisti. Gesti d'intolleranza quasi non esistono, come non esistono neanche le barricate strumentali dell'ideologia come può essere al nord, o la speculazione dei mega quartieri di Roma. Quando vengono tirati su i toni diciamo che l'elastico è poi tornato in faccia a chi ha suscitato queste tensioni rispetto agli immigrati o a etnie minoritarie come i Rom.

Oppure pensiamo al caso degli eritrei dello scorso agosto, nel momento in cui il sindaco e il vescovo hanno preso in mano la situazione utilizzando la Fiera, cercando di toglierli dalla strada e da un contesto di abbandono, nel rischio della deriva barbarica e del massimo esponenziale di inciviltà da parte della città di Cagliari; io ricordo una fila continua di cagliaritani che venivano a chiedere, a sostenere, a fare i volontari e portare aiuto e soccorso. Anzi hanno continuato a venire per 10 15 giorni anche quando non c'erano più gli eritrei. Il problema è come le cose vengono presentate.

Rispetto a questo tema la politica ha ragionato in questa maniera: ti schieri con gli immigrati, allora perdi voti. Questa è una carenza perché mette in risalto un'altra mancanza che è quella di progettualità, in Germania chi difende gli immigrati vince. Non esiste un pensiero dominante contro gli immigrati nonostante qualcuno, dallo sguardo corto, si ostini a scriverlo.

Delle volte però è la stessa politica a riuscire a trovare soluzioni importanti che possono favorire l'integrazione. Un esempio a Cagliari è stata la creazione della Consulta dei cittadini stranieri, nata su iniziativa dell'Amministrazione comunale con un'elezione svoltasi il 15 novembre 2012.

Dal mio punto di vista è stata azzeccata la scelta del Comune di Cagliari di formare la Consulta degli stranieri, anche se sta facendo fatica ad esprimere le sue potenzialità. Questo è dovuto forse alle difficoltà delle comunità stesse di interazione tra di loro, e non solo con i locali. Non è semplice riunire e mettere d'accordo 40 nazionalità diverse che dovrebbero ragionare assieme nel momento in cui si devono affrontare problemi o temi.

La storia, poi, può raccontare meglio di un giornale fresco di stampa o appena pubblicato online quella che è effettivamente la natura della nostra città e della nostra isola. Il contesto plurale che caratterizza il capoluogo sardo non è infatti solo una tendenza dell'ultimo decennio.

Cagliari si presenta come una città aperta, forse siamo noi stessi ad essere sorpresi di questa nostra apertura rispetto agli immigrati. Il nostro immaginario è quello di essere chiusi a causa dell'insularità. In realtà il fatto stesso di essere un'isola ci rende aperti ad ogni forma di contaminazione: difficilmente noi mettiamo barriere, archibugi o cannoni contro chi arriva da fuori. Cagliari è una città portuale, è una città di mare ed è quindi già di per sé contaminata da tante presenze storiche. La stessa cristianità in Sardegna è nata con queste figure storiche come Sant'Agostino o San Fulgenzio che sono arrivati qui come profughi. Gli immigrati non vengono mai lasciati da soli in una strada: nella nostra città abita il cagliaritano, il cinese, il senegalese, non esiste la periferia dentro la periferia c'è ancora un contesto plurale.