Reportage

Il processo di inserimento delle comunità straniere raccontate ed analizzate da chi le vive quotidianamente: Don Marco Lai.
Integrazione a Cagliari

Le Comunità straniere

Difficoltà e caratteristiche dell'integrazione nel Capoluogo sardo
 

Quando si incontra per strada qualche ambulante che vende la sua merce, oppure quando si passa davanti ad un negozio cinese, quante volte ci si è chiesti come queste persone vivano in Italia? O se si sentano inseriti nella città? Probabilmente sappiamo poco o nulla sulle loro impressioni riguardo la vita a Cagliari, a meno che non li si conosca di persona. Genericamente si etichettano tutti come stranieri o, a volte erroneamente, come extracomunitari, magari dimenticandosi che anche americani e svizzeri rientrano in questa categoria e non considerando gli usi e costumi diversi che caratterizzano le varie culture di appartenenza. Gli stranieri sono quindi tutti uguali e si inseriscono tutti allo stesso modo?

Per accendere una luce nella stanza dell'integrazione cagliaritana abbiamo chiesto a Don Marco Lai quali siano le comunità straniere della nostra città e a che punto sia, dal suo punto vista, il loro inserimento nella vita cittadina.

Nella provincia di Cagliari abbiamo circa 15 mila immigrati, a Cagliari città vi è la parte più consistente. Ci sono diverse velocità, per cui alcune popolazioni e comunità per loro natura si integrano più facilmente: basti pensare a coloro che si occupano della cura della persona come la popolazione di nazionalità ucraina o bielorussa. La comunità filippina, numerosa e quindi molto forte qui a Cagliari, si occupa spesso di presa in carico e cura degli anziani; per cui per questi il discorso dell'integrazione è rafforzato da un bisogno dei nostri concittadini. Sono persone che entrano nelle nostre case, si occupano dei nostri affetti e per questo viene offerta loro la fiducia più totale.

Per quanto riguarda altre nazionalità, alcune hanno un'autonomia economica molto forte, per esempio la comunità Cinese, che tuttavia fa fatica nel suo percorso d'integrazione. A Cagliari si è ormai arrivati alle seconde generazioni di famiglie d'origine cinese, e quindi i bambini frequentano le scuole, spesso, forse per la carenza di asili nido, questi stessi bambini vengono affidati a famiglie locali che li tengono a casa con loro. La seconda generazione cinese è ormai fortemente avviata e credo che siano destinati ad integrarsi. Un esempio può essere il fatto che non pochi sardi lavorano e vengono pagati dai cinesi per la grossa distribuzione.

Altre comunità che provengono dall'est sono poi quelle indiane, pakistane o del Bangladesh che sono invece portati ad intraprendere attività in proprio: sono infatti presenti con la ristorazione e negozi di prodotti provenienti dai loro paesi d'origine. Un'attività commerciale che si sviluppa molto d'estate e che ha visto a Cagliari la nascita anche di attività stabili come nel quartiere della Marina o in vie e strade importanti.

La presenza sudamericana è invece più integrata, grazie magari ad una vicinanza di tipo culturale ed anche linguistico, che consente di facilitare il loro percorso d'integrazione. Vi sono poi gli europei, su tutti i rumeni, la cui presenza è legata al lavoro in edilizia (infatti la maggiore concentrazione è nella zona di Olbia dove la crisi di questo settore si è avvertita di meno).

Un discorso a parte va fatto per le popolazioni africane. Per queste bisogna infatti distinguere le comunità di più antico insediamento (come quella senegalese) rispetto a quelle più recenti che sono invece derivanti in parte dalla migrazione forzata degli ultimi anni. Inoltre non per tutte le popolazioni africane valgono le stesse regole d'immigrazione: se per i senegalesi esiste quasi sempre l'idea di far ritorno nel proprio paese d'origine, lo stesso non si può dire per i tunisini. Questi ultimi, infatti, hanno un tipo d'immigrazione familiare che tende ad essere stabile e permanente.

Le comunità africane più consistenti a Cagliari sono quella marocchina e senegalese. C'è da dire che per le popolazioni di colore noi facciamo una fatica immensa a distinguerle per nazionalità, ma in quest'ultimo periodo si stanno affacciando, a causa della mobilità forzata, molti nigeriani, maliani e ivoriani. Il percorso d'integrazione di queste comunità è particolare.

I senegalesi, per esempio, almeno in superficie, riescono ad avere e suscitare una certa empatia, ma dal punto di vista dell'integrazione fanno una fatica non indifferente. Al di la del momento in cui vanno a fare ambulantato, è difficile vedere percorsi d'insieme con la popolazione locale o con altre comunità. Spesso in grandi momenti d'incontro con altre nazionalità rischiano di essere quelli meno presenti. Ultimamente soffrono poi del fatto che ormai non sono più i soli a fare ambulantato e quindi si sono impoveriti. Questo è importante perché la loro immigrazione è prevalentemente maschile ed è a medio termine con la prospettiva di ritornare in patria per trascorrere la vecchiaia.

Se i senegalesi fanno un po' di fatica sul piano dell'integrazione non si può dire lo stesso per i magrebini, come i tunisini che invece si sono inseriti nel settore agricolo. Questo ha fatto sì che si sistemassero, anche nei paesi, non come comunità ma come famiglie. Per cui i percorsi d'integrazione sono diversi e più facili rispetto a quelli dell'immigrato singolo.