Reportage

Cagliari Amarcord: interviste ad Angelo Lai e Franca Dallolio

Autore: Francesco Fuggetta,
27 marzo 2009, 12:10
L’ex sindaco e la miss, due persone legate indissolubilmente alla storia recente della Città.
Angelo Lai
Angelo Lai

Angelo Lai, il sindaco che fece costruire lo stadio di Sant’Elia

Come assessore e primo cittadino, negli anni ’60 e ’70 si impegnò a favore dello sport e varò il piano regolatore generale della città. Poi due legislature in Senato.

Senatore, come avvenne il suo ingresso nel mondo della politica?
Dopo la fine della seconda guerra mondiale ripresi nuovamente le mie attività, ottenni la laurea in Giurisprudenza e diventai avvocato. Fu in quel periodo che cominciai a frequentare l’Azione Cattolica di Cagliari.

Lei ha amministrato la città per 15 anni, dal 1960 al 1975: ci può ricordare i suoi incarichi al Comune?
Sono entrato nell’amministrazione della Città nel 1960 come consigliere comunale (allora ce n’erano 50, oggi sono 40). Poi diventai capogruppo del mio partito, la Democrazia Cristiana, e lo rimasi fino al ’75, quando terminai la mia carriera al Comune. Nella giunta di Brotzu e De Magistris fui nominato Assessore allo Sport e Turismo, fino al ’69. In seguito fui consigliere di amministrazione dell’Università di Cagliari, presidente del Conservatorio e dell’Ente Lirico.

Quali furono i problemi più urgenti che dovette affrontare?
Senza dubbio il piano regolatore. Cagliari, nel dopoguerra, era sorta con un piano di ricostruzione, ma non aveva un piano regolatore generale. Fu varato nel ’63 ed entrò in vigore nel ’65. Dopo la guerra e i bombardamenti degli inglesi e degli americani, bisognava ricostruire il 75% degli immobili. La Città, infatti, ricevette la Medaglia d’Oro al Valor Militare, che ora si trova nella sala dell’ex Giunta, appuntata sul gonfalone: venne a portarcela Giovanni Gronchi in persona, che era allora Presidente della Repubblica.

Ricorda quale è stata la sua più grande soddisfazione, il suo progetto meglio riuscito durante il suo incarico da Sindaco?
La mia passione è sempre stata lo sport, in particolare il calcio: da ragazzo giocavo, poi ho dovuto interrompere a causa della guerra… La mia più grande soddisfazione è avere dato il via alla costruzione dello stadio di S. Elia. Ho fatto iniziare la costruzione da assessore nel ’65 e l’ho inaugurato da sindaco nel ’70. Il Cagliari ha così potuto giocare la prima partita con lo scudetto nel nuovo grande stadio di S. Elia. Successivamente ho fatto costruire il Palazzetto dello Sport, e in quella zona sono sorte tutte le società sportive: l’Aquila, la Rari Nantes, l’Esperia. Una cosa di cui nessuno si ricorda più è la palestra di pugilato, che feci costruire vicino al Palazzetto dello Sport.

Lei era un esponente della Democrazia Cristiana, con quale maggioranza e alleati fu eletto sindaco?
La mia fu la prima giunta di centrosinistra, era composta da democristiani e socialisti. Il vicesindaco era Duilio Casula. Poi nel ’71 ci fu la crisi: mi chiesero di restare, ma io non ne avevo intenzione. Il mio stipendio era di 180.000 lire al mese, e veniva speso quasi tutto per i regali agli impiegati, in occasione di matrimoni, pensionamenti e altre evenienze.

Lei aderì alla corrente dorotea o a quella andreottiana?
Nel primo periodo ero più doroteo, anzi direi moroteo: era la corrente di Aldo Moro. Poi in Senato seguii la corrente di Andreotti: l’ho conosciuto fin da giovane perché era il presidente nazionale della FUCI, la Federazione Universitaria Cattolici Italiani. Lui ha appena compiuto 90 anni, io ne faccio 89 a luglio.

Politicamente parlando, si è sentito più gratificato in Sardegna o in ambito nazionale, in Senato?
Sono state due esperienze molto diverse, ed io sono stato gratificato sia da una parte che dall’altra. In Senato ti utilizzano per quello che sai fare, io sono stato specialista di diritto tributario – sono stato il primo avvocato tributarista in Sardegna – e sapendo questo mi hanno affidato alla Commissione Finanza e Tesoro, che è quella che lavora di più, perché da lì passano tutte le leggi, con relative entrate e uscite. Ho fatto due legislature in Senato, l’VIII e la IX, dal ’79 fino all’87: avevo un residence a Roma e vivevo lì dal lunedì al venerdì. Quando la gente vede l’aula semivuota alla Camera o in Senato, non pensa che quando le leggi arrivano in aula, quella è solo la fase finale, perché sono state prima discusse e approvate in Commissione.

Ha potuto svolgere tranquillamente il suo programma o anche allora c’erano i trasformisti?
Prima il sistema era diverso, era il consiglio comunale che eleggeva il sindaco e gli assessori. Ora fanno tutto il sindaco e la giunta: c’è maggiore stabilità, ma credo che il vecchio sistema fosse più giusto e più democratico. Per quanto riguarda i trasformisti, certamente c’era chi passava da uno schieramento all’altro, ma nessuno andava via dalla DC: al limite erano gli altri che volevano unirsi a noi, perché il nostro era il partito al potere.

In che modo è cambiata Cagliari, da allora?
Innanzitutto Cagliari contava 250.000 abitanti: comprendeva tutte le frazioni che ora sono comuni a sé stanti, come Monserrato, Quartucciu, Elmas. Il Comune aveva 2.000 impiegati, fra i quali ben 600 netturbini. Ora la città ha circa 170.000 abitanti. Non c’è dubbio che nel tempo è notevolmente migliorata, è più moderna e più bella. Apprezzo molto i progetti per la realizzazione del lungomare di via Roma, e del sottopassaggio. Noi all’epoca avevamo in mente di costruire una sopraelevata, simile a quella del porto di Genova, ma non ce lo permisero.

C’è qualcosa, in ambito politico, che oggi non rifarebbe?
Direi di no: ogni cosa che ho fatto è perché la ritenevo giusta. Mi sono sempre confrontato con tutti, ho discusso… ma non ho niente di cui pentirmi.