Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Corte dei conti, duro j'accuse all'anno giudiziario

Fonte: L'Unione Sarda
26 febbraio 2010

Soldi pubblici e grandi truffe


Il meccanismo dei finanziamenti pubblici alle imprese offre un grande varco a industriali truffatori. Lo dice la Corte dei conti denunciando un vero e proprio assalto ai fondi pubblici.
di LUCIO SALIS
Mentre il Paese è scosso da una raffica di scandali, si leva la voce dei magistrati della Corte dei Conti contro la società del malessere. Una settimana fa, a Roma, il presidente Tullio Lazzaro ha definito la corruzione «un tumore maligno», ieri, a Cagliari, i vertici della magistratura contabile hanno parlato di «devastante attacco alla legalità».
Sono stati il presidente Luigi Mazzillo e il procuratore regionale Tommaso Cottone a lanciare l'allarme, davanti ai rappresentanti della Regione (Claudia Lombardo e Ugo Cappellacci), della città (Emilio Floris) e del pianeta giustizia (il procuratore generale Ettore Angioni e il presidente del Tar Rosa Panunzio).
L'inaugurazione dell'anno giudiziario è stata l'occasione per fare un check up alla Sardegna che soffre di mancato sviluppo col freddo sguardo del giurista. Per spiegare, attraverso dati e sentenze, com'è possibile che «contributi e agevolazioni aventi la finalità di promuovere l'occupazione nelle aree depresse, si siano in realtà risolti in truffe organizzate ai danni dell'erario» (Mazzillo). Esempio: su 46.186 finanziamenti censiti, regionali e nazionali, la Guardia di finanza ne ha controllato l'anno scorso 237, pari allo 0,65 per cento. In circa l'80 per cento dei casi ha scoperto che erano irregolari. Si danno i soldi con grande facilità, ma gli enti pubblici erogatori e le banche non vanno oltre controlli puramente formali. Non a caso, il presidente ha sottolineato che «un quarto dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile dell'anno 2009 ha riguardato l'indebita percezione di contributi e agevolazioni». Risultati: le condanne delle aziende a risarcire i fondi ingiustamente arraffati hanno raggiunto un importo complessivo di 15,6 milioni di euro. Pari a più del 50 per cento del totale (30,2 milioni) riferito a tutte le condanne emesse nell'anno. «A riprova che si tratta di fattispecie di alta pericolosità per le finanze pubbliche». Da qui l'impegno della Procura e della sezione di controllo della Corte, ma non basta. La situazione «dovrebbe indurre le amministrazioni a esercitare controlli interni più attenti».
Il perché dell'appello, Mazzillo lo ha spiegato senza reticenze: «L'erogazione indebita dei contributi» è avvenuta spesso in seguito «alla produzione di documenti e fatture relative ad attività del tutto o parzialmente inesistenti, della rappresentazione di fatti, luoghi e beni in modo del tutto difforme dalla realtà». Ma c'è di più: «A fronte di questi atteggiamenti fraudolenti (a dir poco allarmanti)...il controllo delle amministrazioni pubbliche è stato molto carente e del tutto inefficiente. Né si può dire che mancassero gli strumenti normativi». Quindi, niente alibi. Ha concluso, citando Calvino, il presidente: «Non possiamo assistere, inerti, allo sfrenato moltiplicarsi delle illegalità e alla conseguente trasformazione della nostra comunità nazionale nell' inferno dei viventi ».
Per una tragica coincidenza, l'analisi dei magistrati contabili arriva mentre migliaia di operai sardi, dal Sulcis a Ottana, a Porto Torres, sono costretti a inventare forme di protesta sempre più clamorose (e umilianti) per denunciare il ricatto di aziende multinazionali e delle partecipazioni statali pronte a levare gli ormeggi alla prima contrarietà, dopo aver goduto di finanziamenti miliardari.
La politica delle agevolazioni non ha creato sviluppo, è la tesi di fondo del procuratore Cottone. Eppure non si può dire che Europa e Stato siano stati avari con la Sardegna. Il magistrato ha tentato una ricognizione delle ingenti risorse investite nel periodo 2000-2008, ma si è dovuto arrendere di fronte alla pioggia di milioni di euro assicurata da una miriade di leggi e leggine. Eppure, nonostante il finanziamento di migliaia di iniziative che dovevano creare ricchezza e occupazione, «il 2008 ha fatto registrare una riduzione del Pil pari all'1 per cento, con una diminuzione, in particolare, della produzione industriale». Tutto questo perché i finanziamenti a pioggia non sono stati erogati «in base a un'adeguata attività di monitoraggio diretta a registrare capire, guidare ed eventualmente indirizzare il fenomeno verso altri obiettivi». Il più delle volte «le erogazioni sembrano essersi risolte in regalie a imprese e imprenditori, le opere finanziate non sono state affatto realizzate o lo sono state senza l'apporto di capitali propri, annullando il rischio d'impresa». Niente di nuovo:il ben noto prendi i soldi e scappa .
Ma come può accadere? «Con operazioni inesistenti - spiega il magistrato - falsamente documentate per giustificare spese mai sostenute o mediante sopravvalutazione di spese nella realtà molto più contenute».
Risultato: «Le attività progettate non sono mai divenute produttive o sono cessate dopo brevissimo tempo. Soldi andati in fumo».
Dopo il danno, la beffa, perché queste operazioni fantasma «sono poi accompagnate da richieste (e da riconoscimenti) di rimborsi Iva».
Si tratta di «truffa aggravata», ma l'azione del giudice penale «viene spesso vanificata dalla scadenza dei termini di prescrizione». Per cui, commenta sconsolato Cottone, «raramente l'ente erogatore riesce a recuperare il maltolto». Si tratta di un vero e proprio «assalto al finanziamento pubblico» ormai elevato a sistema, dietro il quale ci sono organizzazioni professionali e mancanza di controlli.
I magistrati fanno ciò che possono: nel 2008 hanno recuperato 10 milioni di euro, nel 2009 ben 15. Ma si trovano di fronte a uno Stato che riduce i loro poteri, i controlli, abbrevia i termini di prescrizione. E ora si annuncia l'arrivo del processo breve, sul quale anche i giudici contabili «esprimono le stesse perplessità della magistratura ordinaria».
C'è fermento fra le toghe, per «un'istituzione giudiziaria che appare debole e in crisi». Da qui la reazione: «A questa strumentale immagine dobbiamo ribellarci con le armi di cui noi tutti, magistrati ordinari e speciali disponiamo: la fermezza e la limpidezza della nostra fedeltà ai principi costituzionali, che riguardano la giustizia e il rigore con cui li difendiamo contro chiunque».

26/02/2010