Ieri al Cineworld la proiezione in anteprima di “Il giardino dei Finzi-Contini” restaurato
Da oggi la mostra cagliaritana su De Sica: film, libri, immagini
Chi da oggi al 24 andrà a visitare la mostra cagliaritana di Palazzo di Città, in Castello, lo faccia con grande rispetto per gli organizzatori: allestire una De Sica story per filmati, libri e immagini è un'impresa peggio che difficile.
Non che il materiale scarseggi: al contrario, il guaio è che non si saprebbe che cosa tagliare della scia di carta e pellicola che il grande Vittorio ha lasciato dietro di sé. Una coda, come di una cometa artistica, che ieri è passata ancora una volta su un grande schermo, quella della sala “Nazzari” del Cineworld, con la proiezione in prima nazionale della versione interamente restaurata di “Il Giardino dei Finzi-Contini”, accompagnato in città da Manuel De Sica - il figlio musicista del cineasta - oltre che da Lino Capolicchio, attore e protagonista del film, e da Ernesto Nicosia, delle associazioni “Amici di Vittorio De Sica” e “Gli archivi del '900”.
In esposizione nelle due belle sale dalle volte di mattoni (la mostra è anche un ottimo modo per dare un'occhiata dentro lo storico municipio di piazza Palazzo) ci sono due tipi di immagini, organizzati per tipi e per temi dal regista Giovanni Columbu, curatore della mostra organizzata dall'associazione Lu.Ci. di Cinzia Corrias col contributo di Provincia, Regione, Comune.
Ci sono le immagini in movimento, innanzitutto: sugli schermi e sulle pareti passano di qua le commedie e di là le opere neorealiste. Sono le due anime più note ed evidenti di De Sica, quella che ancora oggi diverte appieno lo spettatore (in realtà è un telespettatore, ammesso che sia un consumatore di tv così bulimico che metabolizzati telegiornali, reality e intrattenimenti vari finisce per incappare in un film di classe) e l'altra, quella che ancora oggi commuove e fa riflettere. E forse qualche riflessione può addirittura venir meglio davanti ai manifesti e alle locandine che non davanti ai film che scorrono. De Sica è un narratore affascinante e un attore seducente, è difficile prestargli orecchio e intanto sforzarsi di ricordare quale impatto ebbe il suo cinema sulla società italiana, quali contraccolpi artistici e politici ebbero alcuni suoi lavori: si finisce irrimediabilmente, quasi acriticamente immersi nel flusso del suo racconto, scoppiettante o amaro che sia.
Invece un elemento statico come una foto, magari tratta da “Umberto D.”, ci consente di pensarci su con più calma, per esempio di misurare con i fatti che indicano quanto tempo è passato. Per dirne una: a quei tempi i pensionati facevano la fame o circa, e spesso erano preda della disperazione. O per dirne un'altra, le coppie giovani avevano il problema della casa, dovevano affittare o subaffittare dei bugigattoli. E ancora, sapete chi definì quel film bello e crudo «un pessimo servizio alla Patria?». Andreotti. Sì, perché all'epoca c'era Andreotti.
Oltre all'Italia (quella lontanissima di allora, ci mancherebbe) “Umberto D.” rappresenta bene anche una celebre propensione del De Sica regista: il cast meglio sceglierlo fuori dai circuiti professionali e pescarlo in strada, «ricordo che dei suoi attori prediletti - racconta Columbu - diceva che non avevano cognome: per lui un grande attore era Giuseppe, il ragazzo della portineria, oppure Antonietta, la figlioletta del panettiere che vedeva passare saltellando sulla strada di casa: mi colpisce molto che avesse scelto con tanta nettezza una linea che è diventata un tratto caratteristico del cinema di oggi, e di quello sardo in particolare».
Nel caso di “Umberto D.” più che dalla strada l'attore fu pescato da una cattedra dato che il protagonista Carlo Battisti - ricorda quella miniera online di aneddoti che è wikipedia - «era professore di glottologia all'Università di Firenze e insieme a Giovanni Alessio e ad altri collaboratori fu autore dell'importante Dizionario Etimologico Italiano». Presenza autorevolissima, eppure «si racconta che il professore si presentò al provino indossando due cravatte per quanto era emozionato».
Dietro ognuno di quei vecchi poster, e tra le pagine di quei libri consultabili dai visitatori, ci sono altrettante storie, altrettante scintille di umanità oltre che di cultura cinematografica. Varrebbe la pena di fare un salto tra le cose di Vittorio De Sica anche solo per ringraziarlo.
CELESTINO TABASSO
06/02/2010