Piccola città
Claudio Cugusi
Da due mesi, alternandosi mattina e notte sotto una tenda gelida, una trentina di lavoratori senza lavoro conduce una lotta pressoché inascoltata per la sopravvivenza e l'esistenza. La tenda è in via Roma, proprio di fronte al Municipio e quelle madri e quei padri di famiglia sono operai e custodi che negli ultimi dieci anni hanno lavorato a rate, chiamati a volte grazie a imperscrutabili selezioni, per il Comune di Cagliari. Il loro posto è stato a termine: al cimitero, nei giardini pubblici, negli ascensori di Castello e non solo. Insieme a loro, a ingrossare le fila degli invisibili già irrobustite dalla frustata di questa crisi, ci sono migliaia di persone. Molte delle quali hanno come punto di riferimento qualche familiare e poi soltanto i servizi sociali e le organizzazioni di volontariato, laiche e cattoliche. Qual è il punto? Che non possiamo ignorare questa richiesta di lavoro. Che è richiesta di vita, di diritto all'esistenza. E non è detto che non ci siano nelle casse pubbliche risorse sufficienti per questo obiettivo: basta riorganizzare la spesa pubblica e molto si può fare. Magari evitando le esternalizzazioni selvagge di tutti i servizi rivolti alla collettività. Non si tratta di stabilizzare tutti questi lavoratori, che magari hanno soltanto quindici mesi di lavoro pubblico negli ultimi otto anni. Non si tratta di aggirare la regola costituzionale dei concorsi pubblici. Però, una sana via di mezzo deve esistere. Non è giusto lasciare per la strada, al freddo senza risposte, chi chiede soltanto di non andare a rubare per sopravvivere. *Giornalista