La situazione
Il primo a venirti incontro quando arrivi al campo nomadi sulla 554 è un bambino che ancora non sa andare bene in bicicletta. Mentre pedala evita i cumuli di pattumiera e i brandelli di rame abbandonati poco dopo l'ingresso. Sembra abituato ai sacchi colorati che quotidianamente vengono stipati al centro del campo e, a fatica, cerca di evitarli. Come ormai ha fatto l'abitudine al tanfo forte della plastica che invece rischia di “stendere” chi arriva da fuori. Per quel piccolo, come per gli altri due che poco dopo lo raggiungono, quell'odore provocato dalla plastica nel falò del rame in mezzo al campo, una volta alla settimana, è quasi una cerimonia. Un rito a cui tutti, grandi e piccini, partecipano. Perché per recuperare il rame dai cavi elettrici tutti devono lavorare. Rame che poi si vende a 8 euro al chilo. Proprio per questo motivo ogni settimana i nomadi danno fuoco a mucchi di cavi elettrici ricoprendo il quartiere di una nube nera e di un odore tremendo.
LE COMUNITÀ Gli ospiti censiti sono 143, distribuiti su 51 piazzole. Di alloggi decenti nemmeno l'ombra: la stragrande maggioranza sono baracche, realizzate con materiali di risulta. Legname, vecchi infissi, pannelli plastici, persino eternit. E ancora roulotte semidistrutte, senza l'ombra di un servizio igienico. Bagni e docce che il Comune aveva realizzato anni fa sono stati parzialmente demoliti e quel che resta è stato evidentemente abbandonato. Quei locali sono oggi usati come discarica di materiale di ogni tipo, come gran parte del resto dell'area. In disuso anche gli impianti fognari, sia quelli delle acque nere che quelli che dovrebbero raccogliere le acque piovane. Le caditoie sono intasate di terra e fango, così che il campo è un susseguirsi ininterrotto di pozzanghere, piccoli ruscelli e ristagni maleodoranti di liquami. Gli impianti elettrico e idrico sono inesistenti: la corrente viene fornita alle baracche con pericolosi collegamenti effettuati con cavi volanti, provenienti dalla linea principale, mentre l'acqua arriva (con attacchi provvisori alle pompe elettriche) a fatica sia alle abitazioni che ad alcune lavatrici arrugginite e sistemate all'esterno. I tubi sono rotti, privi di rubinetti, con perdite innumerevoli.
LE FAMIGLIE Dove i bambini giocano a pallone e cercando di domare biciclette dalle ruote di grandezza diversa tra loro, c'è uno strato di residui inceneriti di materiale di tutti i tipi. Qua e là cumuli fumanti. L'Asl teme che il sottosuolo possa essere stato contaminato, ma i nomadi non lo sanno. C'è una mamma che, nonostante il freddo, supera una montagnola di rifiuti con in braccio un bimbo con le gambe nude. Si riaffaccia assieme al marito, che intima agli ospiti non graditi di andare via. «Sono gli Ahmetovic, loro non dovrebbero nemmeno stare qua», confida un ragazzo con ai piedi scarpe di marca, color fango. «Chi siamo noi? Noi siamo i Sulejmanovic, io abito là», dice, indicando una piazzola, «assieme ai miei genitori e ai miei quattro fratelli. La scuola? Per me è finita, io sono grande. Lavoro nel ferro».
I TOPI La sorpresa arriva sul finire della “visita”, quando il tizio identificato come «uno degli Ahmetovic» si fa più minaccioso e dice che è ora si sgombrare il campo: i bimbi iniziano a correre dietro a qualcosa che si muove velocissimo. Sono topi, grandi come conigli. Gli unici compagni di giochi di bimbi condannati a vivere in condizioni disumane.
ANTHONY MURONI
22/01/2010