La polemica sul caro-Tarsu
«La Provincia non ha mai detto no alle richieste del Cacip di realizzare una discarica di servizio dove smaltire le ceneri prodotte dai forni. Abbiamo solo richiesto un progetto definitivo».
Ignazio Tolu, assessore all'Ambiente della giunta Milia, si chiama fuori dalla polemica nata dalle dichiarazioni del numero uno del Tecnocasic, Oscar Serci, che ha riferito di aver presentato cinque progetti negli ultimi sette anni per la realizzazione di un sito e di non aver mai ottenuto un'autorizzazione né dalla Provincia né dalla Regione.
CARO-TARSU Una polemica che tocca le tasche dei cagliaritani perché in assenza di una sua discarica di servizio, il Tecnocasic è costretto a smaltire le ceneri alla Ecoserdiana pagando - come ha detto il commissario liquidatore della società consortile - «cinque milioni in più all'anno». Costi che si ripercuotono sulla tariffa applicata al Comune di Cagliari (che paga 126 euro a tonnellata anziché, dice Serci, 96) e di conseguenza sull'aliquota Tarsu che i cagliaritani pagano al Comune. Che non a caso (ma anche e soprattutto per altre ragioni) è la terza città più cara tra i 104 capoluoghi di provincia italiani.
LA VICENDA Il problema è complesso. E Tolu lo riassume così: «Nel 2007 il Casic presenta una richiesta per realizzare una discarica di servizio nella zona industriale di Macchiareddu, a Uta. Tra maggio e agosto facciamo quattro conferenze dei servizi alle quali partecipano Casic, Regione, Provincia e Comune di Uta. Ma i rappresentanti di quest'ultimo», aggiunge l'assessore provinciale all'Ambiente, «chiedono di trovare una soluzione alternativa perché la discarica individuata sorgerebbe troppo vicina al carcere e peraltro in un'area dove loro preferirebbero realizzare altre strutture. Il Casic inoltra comunque la richiesta per l'attestazione dell'idoneità del sito e il 19 settembre del 2007, un mese dopo l'ultima conferenza dei servizi la Provincia dà il via libera ma chiede al Casic un progetto definitivo per la costruzione della discarica. Da allora aspettiamo riscontri. Da parte nostra», conclude Tolu, «non ci sono problemi e siamo disponibili, non appena avremo tutti gli elementi, a lavorare per accelerare la soluzione del problema».
ALTRI INCONTRI Nel 2008 ci sono stati ulteriori incontri tra rappresentanti del Casic e il Comune di Uta nel corso dei quali gli amministratori hanno ribadito la richiesta di individuare ulteriori siti per poterli raffrontare con quello già esaminato. Inoltre, considerata la vicinanza del carcere, è stato chiesto il coinvolgimento del Ministero degli Interni nelle conferenze dei servizi. Da allora è tutto bloccato.
IL RUOLO DELLA REGIONE Qual è, allora, il ruolo della Regione? All'assessorato all'Ambiente, che sull'argomento manderà una nota oggi, compete la predisposizione dei Piani di gestione dei rifiuti mentre le Province redigono quelli di localizzazione degli impianti. La Regione, inoltre, rilascia il nulla osta ambientale sulla base degli studi di valutazione predisposti da chi propone la discarica. Ma a questa fase, nel caso del Cacip (che nel frattampo ha sostituito il Casic), non si è ancora arrivati.
IL GROVIGLIO E allora perché la Regione è accusata di non aver dato l'autorizzazione? La ragione, secondo la Provincia, sarebbe un'altra: visto che la situazione è in stallo da sette anni, considerato che a Uta anche la popolazione è contro la discarica, e visto che i progetti finora realizzati sono costati centinaia di migliaia di euro e che i costi di conferimento a Serdiana aumentano, il consorzio chiede a Viale Trento una soluzione politica. O, se non si trovasse, un atto di imperio: una dichiarazione di “indifferibilità e urgenza dell'intervento” sul sito individuato a Uta. Un esproprio, insomma.
Con in tasca la certezza di poter realizzare lì la discarica, il Cacip spenderebbe i circa 200 mila euro necessari per completare la progettazione, come richiesto dalla Provincia, e per realizzare lo studio di impatto ambientale che serve alla Regione. (f.ma.)
21/01/2010