Il limite del Governo non comporta per ora problemi negli istituti cittadini. Usai: «Accordo di rete»
Gli alunni stranieri sono sotto la soglia del 30%: in città non c'è allarme
La decisione di fissare un limite al numero degli alunni stranieri nelle classi ha dato il via alle polemiche in molte città italiane.
Ci sono tanti esempi di classi multietniche che funzionano nel capoluogo sardo ma la polemica, scoppiata in molte città italiane sulla decisione del ministero dell'Istruzione di fissare un limite alla presenza degli stranieri in classe (già dal prossimo settembre), non sembra riguardare Cagliari.
Gli alunni stranieri che frequentano gli istituti cittadini sono ben distribuiti nelle diverse aule, per ora non c'è l'esigenza del numero chiuso e saremo ben lontani, comunque, dal tetto del 30 per cento fissato dalla Gelmini: a conti fatti la circolare del ministro vedrà applicazione su un numero molto ridotto di scuole italiane e, per ora, a scongiurare il rischio di classi-ghetto composte da soli immigrati o peggio ancora di scuole disertate dagli italiani ci pensano i dirigenti d'istituto.
LA REALTÀ Pur non esistendo, a Cagliari, l'allarme per una presenza massiccia degli stranieri a scuola, si pone il problema di garantire una reale integrazione degli studenti che qui studiano e qui costruiranno le basi della loro cultura e del loro inserimento sociale. In questo senso la decisione del ministro dell'Istruzione fa discutere anche in Sardegna e, prospettandosi che le cose cambino in un futuro non molto lontano, bisogna cominciare a tenerne conto fin d'ora per evitare un'emergenza scolastica che altrove è già scoppiata.
Attualmente l'alunno straniero che arriva in Italia viene inserito nella classe che corrisponde all'età anagrafica o, per motivi eccezionali, nella classe inferiore.
L'ASSESSORE «Al di là delle nostre esigenze cittadine, trovo giusto fissare un tetto - dice l'assessore comunale alla Pubblica Istruzione Edoardo Usai - il 30% serve a ridurre il numero di chi deve essere seguito con particolare attenzione, nell'interesse degli alunni più bravi e più avanti e dello stesso straniero che non corre il rischio di sentirsi emarginato».
Qualche giorno fa è giunta agli Enti locali anche la circolare con la quale viale Trastevere sollecita l'intervento delle autorità preposte in questo settore. «Nei prossimi giorni - comunica l'assessore - incontrerò i dirigenti d'istituto per fare il punto sulla presenza degli immigrati nelle classi delle elementari e medie: l'obiettivo è raggiungere un “accordo di rete” in modo da garantire un'equa ripartizione degli studenti stranieri nelle varie classi delle scuola cagliaritane».
SINDACATO Più che l'esigenza di fissare tetti di iscrizione, in città si pone il problema di garantire un piano di servizi per l'accoglienza e l'integrazione degli extracomunitari. «Non è da adesso che noi ci poniamo il problema - ricorda Enrico Frau, segretario della Cisl scuola - da noi non è una questione di numeri ma di integrazione: nella scuola che ho diretto sino all'anno scorso ci sono molti alunni provenienti da paesi extra europei, come la Cina, e il cui problema è di non parlare italiano. Gli insegnanti e la scuola si arrangiano come possono ma la difficoltà è data dalla mancanza di mediatori culturali che dovrebbero essere sostenuti anche dagli enti locali. Questi sono i problemi reali e concreti che poi creano tanti altri ostacoli».
Per la Cgil, invece, «c'è una logica assurda» dietro la decisione del ministro: «Fissando un tetto si costringe lo straniero a spostarsi verso scuole lontane peggiorando le sue condizioni di vita - denuncia il segretario della Cgil Peppino Loddo - si determinerà una maggiore esclusione e ghettizzazione degli studenti non italiani: degrado culturale da una parte e menomazione concreta dei diritti dall'altra. Il Governo continua a sostenere una logica leghista che la fa da padrone e nel caso concreto, in città come Cagliari o Olbia ci sono scuole rinomate che dovranno rivedere l'impostazione culturale, respingendo alunni ai quali è negata la libertà di scegliere il luogo di istruzione, col rischio di ampliare il grado di dispersione scolastica degli stranieri».
CARLA RAGGIO
17/01/2010