Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Giorgino, in cento nel ghetto nero

Fonte: L'Unione Sarda
12 gennaio 2010

Viaggio nell'ex Eden Sarda, dove gli abusivi pagano 70 euro al mese d'affitto al ras della palazzina. In città 951 clandestini

Il sindaco Floris: «Pronto un piano per lo sgombero»

Nella vecchia fabbrica gli occupanti abusivi pagano le bollette di Enel, Abbanoa e Telecom. Il presidente del Cacip Emanuele Sanna: «L'edificio sarà la nuova sede del consorzio».
Un gallo canta in lontananza nel silenzio di Giorgino, mentre sul viale che costeggia la spiaggia si incrociano solo vecchie Opel Kadett mangiate dalla ruggine e lunghe Renault fuori produzione. Dal tetto di un casermone grigio si affacciano due senegalesi: non sono sentinelle, di solito non controllano chi arriva dal Villaggio pescatori, ma oggi in quella che vent'anni fa era la fabbrica dell'Eden Sarda e adesso è un piccolo ghetto nero, c'è fermento perché i carabinieri hanno appena fermato un ragazzo. Non aveva il permesso di soggiorno, come buona parte di chi occupa questo palazzo in disgrazia dove l'umidità si taglia a fette. La popolazione, racconta il postino che porta lettere e fatture ogni mattina, «è fluttuante». Nel senso che varia a seconda dei periodi: minimo sessanta («a dicembre molti tornano in Senegal, per la festa nazionale»), massimo cento, centoventi anime. Non tutte ben disposte verso il prossimo, soprattutto se si fanno domande e si tenta l'ingresso: «No, non potete entrare. Perché? Io non vengo dove vivete voi, non entro a casa degli altri. E questa è casa nostra», chiarisce Mustafà. Pulisce il display del telefonino sulla pancia del maglione Lacoste, uguale a quelli in vendita tra gli ambulanti del Largo, gira i tacchi e sbatte la porta d'ingresso, appena in tempo per vedere un ammasso di stracci e ruote di bicicletta, misto a odore di fogna.
LA PROPRIETÀ In realtà il padrone di casa è il Cacip, che comprò a un'asta fallimentare il complesso industriale nel febbraio del 2000, anche se rettore pro tempore si è autoproclamato Kala, un omone senegalese di cinquant'anni con pizzetto bianco, poche sopracciglia e modi spicci: «Non parlo con voi, andate via». È lui a raccogliere tutti i mesi l'affitto, pagato da un centinaio di immigrati. Un pizzo di 70 euro a persona, prendere o lasciare. E molti prendono, visto che le alternative sono poche: «Ho cercato un appartamento vero, ma appena spieghi che sei senegalese, non ti vuole più nessuno», chiarisce Baba, 33 anni, di cui due passati in uno degli alloggi dell'ex fabbrica di bentonite, un minerale utilizzato nelle fonderie. «Ho risposto a decine di annunci sul Baratto, ma non ho mai trovato niente». Vive in due stanze con bagno al secondo piano, ala destra, la più disastrata: insieme a lui un amico e la moglie, una delle poche donne che abitano nel complesso a neanche cento metri da villa Ballero, cuore dei festeggiamenti del Primo maggio in onore di Sant'Efisio. Rosarno è lontana 700 chilometri, qui non si raccolgono pomodori e il racket non è gestito dall'ndrangheta. E il cemento armato fetido di Giorgino è comunque la bella copia degli oleifici occupati in Calabria. Ma i problemi esistono e Emilio Floris non lo nasconde: «L'occupazione dell'Eden Sarda non può essere sine die . Bisogna intervenire prima che si arrivi a una situazione di emergenza», annuncia il sindaco. Che qualcosa si stia muovendo lo conferma la riunione di ieri in Questura: il vice questore vicario Giuseppe Gargiulo, il comandante della polizia municipale Mario Delogu e la dirigente comunale Ada Lai hanno parlato proprio dello stabilimento occupato dai senegalesi alla fine degli anni Novanta.
L'INTERVENTO La soluzione, che in parole povere significa sgombero, «è abbastanza prossima». Ma è innanzitutto una questione di soldi: «Abbiamo una disponibilità economica per il progetto, che riguarda anche il campo nomadi, però i fondi non bastano. Si è già discusso dell'argomento con l'assessorato regionale al Lavoro, che è competente in materia di immigrazione. Trovare un alloggio per tutti? Al momento attuale non abbiamo spazi a sufficienza neanche per i nostri cittadini. Non è detto che tutti debbano essere presi in carico da Cagliari. È un problema di dimensioni regionali», sottolinea Floris. In città i clandestini sono poco meno di mille, almeno stando al XV Rapporto nazionale sulle migrazioni. Una ricerca presentata a Milano appena un mese fa, dove è stata messa in evidenza una percentuale.
I CLANDESTINI Gli irregolari, quelli che vivono tra i sottani di Castello e i vicoli della Marina, Giorgino inclusa, sono il 25,5 per cento degli immigrati con regolare permesso di soggiorno. E visto che l'ultima stima comunale del 2008 ha contato 3.730 stranieri, 951 persone sono “off the record”, cioè fuori dalle stime ufficiali. Uno su quattro è un invisibile che lavora prevalentemente come ambulante, vende fazzoletti e calze ma soprattutto false griffe. Borsette, maglioni con il coccodrillo, giubbotti Belstaff. L'ex fabbrica di bentonite è il quartier generale dell'abbigliamento tarocco. Anche se non più come due anni fa, quando ogni settimana avveniva una spartizione: scarpe, occhiali e capi d'abbigliamento venivano messi su un grande tavolo e ognuno sceglieva la propria merce. La convocazione arrivava via sms, ai cellulari dei venditori di colore, subito dopo l'attracco delle navi al porto canale.
Ora il rito è scomparso (o meglio: non ha più la stessa cadenza), ma rimangono gli extracomunitari, che negli anni sono riusciti a ottenere - senza grossi problemi, raccontano - l'allaccio alla rete idrica, la corrente elettrica, perfino la linea telefonica fissa. Tutti i giorni il postino mette nelle cassette fatture di Enel, Abbanoa, Telecom e Wind. Anche le comunicazioni delle finanziarie che concedono prestiti. Una trentina di intestatari per un paradosso: come fanno, da occupanti abusivi di una palazzina di proprietà pubblica, a essere titolari di bollette e contratti?
IL CACIP Emanuele Sanna, presidente del Cacip, consorzio proprietario di buona parte delle aree di Giorgino e dell'ex Eden Sarda, parla di «un particolare inquietante e incredibile». Ricostruisce così le ultime tappe di vita dell'edificio: «Venne comprato dal consorzio nel 2000, ma al momento dell'acquisto c'erano già dentro numerosi extracomunitari. Appena l'ente, che allora si chiamava Casic, è entrato in possesso della struttura ha inviato immediatamente diverse denunce a carabinieri, polizia e procura della Repubblica. Però gli esposti non hanno mai avuto seguito. Abbiamo intenzione di ristrutturare l'edificio e trasferire lì la nuova sede del consorzio. Nei nostri bilanci ci sono diversi milioni di euro immobilizzati, dedicati a questo progetto. Finché non verrà liberata la fabbrica, non potremo spenderli». Anche i veri padroni di casa non possono entrare: «I senegalesi, in alcuni momenti, hanno impedito ai nostri tecnici l'accesso ai locali. L'ultima volta un funzionario è stato accompagnato dalle forze dell'ordine. E non è riuscito a visitare tutte le stanze. Doveva fare una relazione sullo stato dei luoghi». Il documento è stato consegnato la scorsa estate. Segnala pozzi neri irregolari, liquami che tracimano sui pavimenti, tetti fradici e decine di lastre d'amianto inzuppate d'acqua.
MICHELE RUFFI

12/01/2010