asa di riposo. A tavola anziani e indigenti con storie di solitudine o fallimenti
«Siamo profughi metropolitani. Persone che prima avevano qualcosa e ora non hanno più nulla e cercano il modo di rimettersi in carreggiata». C'è grande orgoglio, molta vitalità e la voglia di non mollare nelle parole di quest'uomo, una delle 650 persone che hanno partecipato ieri al “Pranzo della solidarietà” organizzato dall'assessorato comunale delle Politiche Sociali, per il terzo anno di seguito alla casa di riposo di Terramaini.
Dice il suo nome (non il cognome, comprensibilmente) ma si perde nel frastuono della sala, dove si mangia e chiacchiera tra camerieri che girano freneticamente tra una tavolata e l'altra per portare malloreddus alla campidanese, antipasti di terra e mare, agnello e gamberoni.
Quell'uomo è un senzatetto, una persona che non ha più nulla se non la tenacia di aggrapparsi alla sua voglia di lottare - nonostante il crollo finanziario, «la fuga all'estero», il ritorno in Sardegna. Insieme a lui tante altre persone dalle storie diverse. Ci sono badanti dell'est Europa, alcolisti e tossicodipendenti, qualche extracomunitario, poveri e senzatetto, alcuni anziani che vivono alla casa di riposo, molte persone “disagiate”.
Ogni anno il Comune organizza il pranzo radunando le persone attraverso circoscrizioni, Caritas, Aquilone, associazioni che si occupano di stare in strada, tutti i giorni dell'anno, e aiutare persone che le loro famiglie non possono aiutare, o che il più delle volte una famiglia non ce l'hanno più.
Ma il clima di festa della giornata non può far dimenticare che gli altri 364 giorni l'anno la maggior parte di loro lotta e soffre, assieme a persone come la signora Gina dell'Unità di strada dell'Aquilone di Don Carlo Follesa. Racconta della «dignità e dell'amore» che bisogna mettere nell'occuparsi tutti giorni di problemi simili e siede al tavolo con quelli che chiama - affettuosamente - «i miei ragazzi».
ANDREA TRAMONTE
07/01/2010