Teatro Dopo Carbonia, oggi il Massimo
L'anteprima della prima è stato un successo. L'eterna e terribile battaglia fra spirito e materia combattuta da Dona Flor e i suoi due mariti ha sbancato, lunedì sera, il Teatro Centrale di Carbonia.
Tutto esaurito per questa favola bahiana fatta di passione e premura. Sold out per questa riproposizione nostrana del capolavoro del compianto brasiliano Jorge Amado cui prestano voce e faccia Caterina Murino, Paolo Calabresi e Pietro Sermonti.
L'anteprima ha incassato applausi: la prima nazionale, di un cartellone Cedac che comunque prevede altri spettacoli di grande qualità) è questa sera al Massimo di Cagliari. Diceva Amado che «avvenimenti singolari e stupefacenti sono capaci di accadere soltanto nella città di Bahia». E diceva ancora che «creda al racconto chi ci vuol credere». Bene: anche il racconto rivisto e necessariamente snellito (il romanzo si trascina per 500 pagine) dalla regista Emanuela Giordano insegna che all'amore bisogna credere. Perché in fondo è quello il messaggio, l'auspicio: amare comunque, ma amare bene. In pace e in armonia, ma anche con soprassalti e colpi di scena.
La storia, per chi la conosce (e per chi ci crede), è nota: Flor è una avvenente e scanzonata (nella versione teatrale forse un po' troppo pudica), ragazza maestra di cucina che avanza orgogliosa nella vita affianco a quel mascalzone di Vadinho, ballerino sopraffino, amante inesausto, biscazziere, frequentatore di signorine dalla dubbia moralità. Il filibustiere muore di infarto una domenica mattina, a carnevale, mentre balla il samba vestito da bahiana. Con Vadinho, se ne va (ma poi ritornerà) anche un pezzo di Flor, il cui cuore non vuole diventare «golfo segreto ancoraggio di naufraghi». Cioè: alla larga gli amanti. Ma la donna si arrende ai consigli delle amiche e della madre (in scena Valeria D'Obici, Simonetta Cartia, Claudia Gusmano e Laura Rovetti) e si risposa con un benestante e morigerato (Paolo Calabresi è strepitoso nella parte) farmacista: il dottor Teodoro Madureira. Tuttavia, a donna Flor bastano la sua scuola di cucina e un marito perfettino (che somiglia tanto al Furio di Bianco, rosso e Verdone )? Manca la passione. E quella, se il dottor Teodoro non si sveglia, gliela può garantire solo il redivivo Vadinho, che alla Flor-Murino appare in sogno e, solo a lei, in carne e ossa e impertinenze.
Onestà a premura da una parte, sensualità e magia dall'altra. È una storia semplice, ma fantastica e fantasticamente pensata, che risulta impreziosita anche dal semplice impianto scenico di Andrea Cecchini (il letto con tutti i significati che ne derivano dominerà il proscenio), il ritmo viene dalle musiche originali eseguite dal vivo dalla Bubbez Orchestra.
La Murino, Calabresi e Sermonti modernizzano questo smagliante affresco di Bahia, sfrondandolo necessariamente dall'universo narrativo di Amado. Ma alla fine si capisce che vince l'amore: quello dello spirito, anzi dello spiritello vivace di quel briccone di Vadinho, e della materia, la solidità del dottor Teodoro. Un menage a tre raccontato con leggerezza forse proprio come Jorge Amado voleva: «Creda al racconto chi ci vuol credere».
ANDREA SCANO
06/01/2010