Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Nella città dei vecchi è difficile invecchiare

Fonte: La Nuova Sardegna
5 gennaio 2010

MARTEDÌ, 05 GENNAIO 2010

Pagina 2 - Cagliari



Assistenza ancora carente per i 35 mila anziani cagliaritani




MARIO GIRAU
CAGLIARI. Maggiore continuità nell’assistenza, ulteriori altre case di riposo con rette più adeguate all’anziano pensionato, potenziamento delle cure socio-sanitarie a domicilio, creazione di centri diurni specializzati nelle patologie della senescenza. Attenzione particolare, infine, agli uomini over 70, i più penalizzati dal sistema socio-assistenziale organizzativamente declinato al femminile. Con questi correttivi invecchiare nella nostra città non sarebbe la fine del mondo. Il problema terza età serena interessa, nel solo capoluogo, 35000 persone. Cagliari dopo Genova, registra l’indice di vecchiaia più elevato d’Italia.
Il sistema socioassistenziale per le persone sole - purtroppo la maggioranza- e impossibilitate a gestire in modo autonomo la propria esistenza ha messo in campo un’offerta diversificata: case di riposo e per i disabili, case protette, centri diurni, e R.S.A. in cui il disabile viene assistito fino alla riabilitazione, servizio domiciliare (C.D.I. ex A.D.I.) erogato dal Servizio sanitario con prestazioni diverse finalizzate alla rimozione di quei fattori che potrebbero rendere rischiosa la permanenza dell’anziano nel proprio domicilio. Altra soluzione è lasciare l’anziano nella sua casa senza sradicarlo dalle sue abitudini ma con l’aiuto di una badante. Dentro questo pianeta è entrato il Tribunale per i diritti del malato con una ricerca puntuale effettuata da Leda de la Ville, Sandra Corona e Giulietta Chiesa, con la coordinatrice provinciale Maria Laura Maxia.
Case di riposo. L’indagine ha quantificato a Cagliari circa 16 comunità alloggio autorizzate per persone autosufficienti o parzialmente autonome, tutte private, più 4 case alloggio pubbliche a Terramaini. In tutto 250 posti. «Sotto l’aspetto strutturale, queste case di riposo, almeno quelle che abbiamo potuto visitare, si possono valutare in modo positivo. Alcune - dice Maria Laura Maxia - sono veramente belle: camere ampie, singole o doppie, con servizi (ma non tutte), arredate con mobili semplici ma anche con qualcosa di personale, sale di intrattenimento e mensa, soggiorno, un locale per le funzioni religiose. Il menù principale è vario e basato sulle tabelle della Asl».
La retta mensile dipende dalle diverse modalità di gestione. A seconda delle possibilità economiche: il 75-80% del reddito. Gratuita in caso di estrema necessità (un istituto). Può variare da 1.030 a 1.800 euro, a seconda della tipologia della camera. Se il reddito è molto modesto interviene il Comune.
«Non mancano - precisa la Maxia - i limiti. I posti offerti sono di molto inferiori alla richiesta (quasi sempre 16 persone per comunità); quindi lunghe liste di attesa. In genere le case ospitano solo donne. Aspetto impersonale e ospedaliero di certe comunità. Orari troppo rigidi. Sistemazione di ospiti sani in una stanza di soggiorno con ospiti affetti da gravi patologie o da demenza senile, il che può portare alla depressione». «Alcune case - secondo il Tribunale per i diritti del malato - sono luoghi di parcheggio dove si cura il corpo ma non lo spirito. Per fortuna ci sono le eccezioni!».
Case protette. Per gli anziani disabili vi sono le case protette o comunità integrate, residenze tutelari ad alta densità assistenziale, strutture cioè organizzate per far fronte a tutte le esigenze degli ospiti. «Case che assicurano o dovrebbero assicurare - dice il Tribunale del malato - assistenza igienico-sanitaria e prestare attenzione alle necessità di benessere psicofisico degli anziani». A Cagliari ne esistono 5. Undici nell’hinterland. Tutte private, tranne le due comunità protette di Terramaini.
«Il nostro parere - continua la responsabile del Tribunale per il malato - è in genere negativo, in quanto gli ospiti più gravi, quelli affetti da demenza, sono abbandonati a se stessi: riuniti in una stanza davanti a un televisore che nessuno guarda, con lo sguardo perso nel vuoto senza che venga fatto nulla per stimolare quelle poche capacità loro rimaste. La conduzione è a volte troppo familiare. Il personale, specie infermieristico e medico, è numericamente carente, unica eccezione Terramaini. Anche in queste case i posti sono limitati».
Centri diurni. Secondo l’indagine del Tribunale del malato, nel cagliaritano funzionano i seguenti centri diurni (strutture a carattere territoriale con funzioni di assistenza integrativa e sostegno dell’anziano, a volte collegate all’Assistenza domiciliare integrata): Don Orione a Selargius, C.D.I. “Monsignor Angioni” a Flumini di Quartu, Centro diurno presso l’ex ospedale psichiatrico e il Centro di Terramaini.
«Danno una buona risposta - dice Maria Laura Maxia - alle esigenze del paziente e dei familiari. Vengono adottate terapie riabilitative per migliorare globalmente la situazione della persona con tecniche moderne. Sono gestiti da volontari geriatri e psicologi. Hanno però un costo notevole, poiché il Comune non concede facilmente finanziamenti, mentre l’Asl è più disponibile. Dovrebbero poter essere potenziati. Il centro diurno di Cagliari nell’ex ospedale psichiatrico dovrebbe avere padiglioni più ampi. Il costo della retta varia col reddito».
Malati di Alzheimer. Sono in funzione i centri U.V.A. (unità di valutazione Alzheimer). In Sardegna 13, istituiti nel 2002 con progetto Kronos. In città, presso l’ospedale “SS Trinità”, l’unico con valutazione multidimensionale delle problematiche cliniche e cognitive del malato. Cioè, non si limita alla sola diagnosi e cura dell’Alzheimer. Inoltre, offre anche un sostegno psicologico ai familiari di pazienti affetti da tale morbo, organizzando corsi psicoeducazionali, pratica poco diffusa in altri ospedali.
Le U.V.A. non hanno una pianta organica. Il personale, almeno a Cagliari, è assunto con contratto a tempo determinato. Secondo il Tribunale del malato queste strutture dovrebbero disporre di un proprio organico, «altrimenti le demenze, che hanno un impatto notevole nell’ambito familiare, saranno sempre patologie di serie B. Servirebbe anche un piano Alzheimer regionale con potenziamento di tutti i servizi».
Sono 4.000 i pazienti affetti da Alzheimer e più della metà avrebbe bisogno di essere curata in un centro diurno. Nell’area cagliaritana, invece, sono solo 120 i posti a disposizione degli ammalati.
«La badanti - aggiunge Maria Laura Maxia - possono essere un’alternativa, ma per quanto stiano ricevendo un’accurata preparazione da parte del Comune (dove esiste una graduatoria e dove vengono selezionate e monitorate durante il servizio) e del SS. Trinità, non sono comunque in grado di competere con la professionalità degli specialisti e la loro preparazione è solo di tipo tecnico, non relazionale con il paziente e questo lascia molto a desiderare. Perché il malato di Alzheimer ha bisogno di pazienza, comprensione e affetto e le badanti si limitano spesso a svolgere il proprio lavoro, senza mai una carezza, un gesto d’affetto verso chi glielo assicura».
R.S.A. Le Residenze sanitarie assistite sono strutture di tipo extra ospedaliero che accolgono anziani non autosufficienti con prevalenti bisogni sanitari, per fornire prestazioni di recupero funzionale, assistenziale ed evitare ricoveri impropri. Le R.S.A. in provincia di Cagliari in regime di contratto con l’Azienda sanitaria locale sono le seguenti: “Monsignor Angioni”, Flumini di Quartu - 120 posti complessivi; Fondazione Stefania Randazzo - Su Planu - 78 posti letto, con due sedi staccate a Monastir (30 posti letto) e a Vallermosa; Nuova residenza sanitaria di proprietà della Asl a Sestu (80 posti letto).
«Le R.S.A. funzionano e la loro qualità è buona. I loro limiti - aggiunge la coordinatrice provinciale del Tribunale per il Malato - sono però i costi troppo elevati: minimo 128 al giorno per paziente pagati per metà dall’Asl. Anche considerato l’intervento di Asl e Comuni, che decidono in base al reddito complessivo, la soglia di ingresso e di una eventuale lunga permanenza è, quindi, molto alta, se si pensa che molti pensionati hanno un reddito di 500/1.000 euro al mese. Qualora l’ospite dovesse pagare l’intera retta spenderebbe 3.840 al mese, che diventano 1920 con il contributo della Asl o del Comune. Comunque sempre troppo. Il soggiorno in queste R.S.A. richiede in partenza disponibilità economiche di alto livello. Altri due limiti: la difficoltà per i pazienti ad essere accettati a causa delle lunghe liste d’attesa e la permanenza limitata a circa 12 mesi». Il paziente - dopo aver seguito un percorso riabilitativo durante il quale i familiari sono stati sollevati dal gravoso compito di assistenza - viene dimesso. Il provvedimento getta nello sgomento la famiglia che teme la fine di un’efficace assistenza socio-sanitaria, perché potrebbe far regredire il malato e rimettere in crisi i parenti.