VENERDÌ, 11 DICEMBRE 2009
Pagina 2 - Cagliari
Sarà celebrata al Santo Sepolcro dal 16 al 24 dicembre
MARIO GIRAU
CAGLIARI. Mancano cinque giorni all’inizio della più popolare delle novene cristiane, quella di Natale. E i cultori della lingua sarda, costituita una task-force di liturgisti, musicisti e teologi, ne hanno messo a punto un’edizione completa: “sa novena de Pascha ‘e Nadale”, che sarà pregata e cantata nella chiesa del Santo Sepolcro dal 16 al 24 dicembre con inizio alle 19. E’ la seconda volta che i cagliaritani meditano l’attesa del Messia in sardo.
L’esperimento compiuto l’anno scorso ha avuto successo e nel 2009 gli organizzatori dell’iniziativa hanno arricchito la novena fino a comprendere nella traduzione logudorese e campidanese anche il rito di adorazione e comunione. Compreso uno spettacolare “Tantum Ergo” scritto, nella variante locale, nel 1786 dal vescovo di Ales, monsignor Giuseppe Maria Pilo: inno aperto dalle parole “Custu grandu Sacramentu venereus umiliaus”: “Veneriamo umilmente questo grande sacramento”.
I coordinatori dell’iniziativa sono don Mario Cugusi, parroco di Sant’Eulalia, il sociologo Bachisio Bandinu e Antonio Pinna, biblista vice preside della Facoltà Teologica della Sardegna. Intorno a loro una squadra di esperti: i musicisti Marcello e Valentina Deidda, Piero Marras e Graziano Orro, i linguisti Antioco e Paolo Ghiani, Mario Puddu e Socrate Seu, nonché Gianni Loy che, lasciati momentaneamente i codici di Diritto del lavoro, ha tradotto in lingua sarda i celeberrimi “Tu scendi dalle stelle” (Tui calas de su celu) e “Astro del ciel” (Noti de paxi). Obiettivo della novena sulle note del classico “Regem venturum Dominum, venite adoremus”, è riproporre nell’idioma dei sardi un’esperienza di fede che vive in maniera singolare l’avvento della nascita di Gesù: «Si prega secondo il sentimento e la ragione del presente - ha spiegato Bandinu ieri in una conferenza stampa, organizzata per presentare il libretto della novena da inviare a tutte le parrocchie che ne faranno richiesta - come si parla oggi nella propria lingua». Anche teologia ed evangelizzazione - il Vaticano II l’ha dimostrato - richiedono l’inculturazione della fede «cioè un Vangelo - ha spiegato il biblista Antonio Pinna - proclamato con gli strumenti propri dell’ambiente in cui si incarna». Niente folclore ma soltanto un ritorno guidato ai tempi che furono: «La questione del sardo nella liturgia - ha aggiunto il sociologo - è la scommessa del presente».
I promotori dell’iniziativa realizzano un’operazione culturale auspicata perfino dalla Santa sede nel 2001, quando approvò i documenti del Concilio Plenario sardo, che - dice don Cugusi - chiaramente invitava la Chiesa di Dio nell’isola a una nuova evangelizzazione, che tenda a rifare il tessuto cristiano delle comunità ecclesiali nella prospettiva di mettere in luce le caratteristiche più rispondenti alla realtà sarda».