Teatro. In scena al Massimo la nuova produzione dello Stabile della Sardegna
Dal noir di Marcello Fois, quasi un musical dall'ottima riuscita
Una scenografia che punta al monumentale, con un impianto luci raffinato ed efficace per l'ultima produzione del Teatro Stabile della Sardegna. Quando si apre il sipario del Massimo di Cagliari per la prima di Sangue dal cielo .
Un immenso letto (ideato da Barbara Petrecca) invade la scena illuminata da Basilio Scalas e Loïc Hamelin. La storia color pece, tratta dall'omonimo romanzo noir di Marcello Fois, si snoda qui, fra lenzuola che non ristorano ma si gonfiano di sogni e incubi, sotto infiniti diluvi di acqua. La pioggia tormenta l'animo del protagonista Bustianu, che è Sebastiano Satta, poeta e avvocato (lo interpreta Corrado Giannetti). Nel suo sonno inquieto compaiono i lari familiari: il padre (Marco Spiga che veste deliziosamente i panni anche di un gigionesco presentatore di illusioni), Jaju (Cesare Saliu) e Bisaju (Luigi Tontoranelli). Lo accompagneranno nella vicenda della misteriosa morte in carcere del giovane Filippo Tanchis, condannato a sua volta per omicidio.
Nella Nuoro del 1899 appaiono tetre le figure femminili che sono madri, zie, amanti (Lia Careddu, Maria Grazia Sughi, Maria Grazia Bodio, Isella Orchis). Intorno, sa zente , che non si vede ma ferisce con sguardi e parole, infligge marchi di vergogna. Bisognerebbe farsi fachiri e trasformare dolore e piacere in «semplici gradienti di debolezza». Dorme male Bustianu in quel nido che lo fa sembrare perpetuamente bambino. Ma dovrà crescere e alzarsi di nuovo: c'è ancora gente ad attenderlo, sullo sfondo della Belle Epoque nuorese.
Non solo prosa, però. L'allestimento è anche, o quasi, un musical con musiche di Mario Borciani. Il pentagramma si erge onirico fra scampanellii e tic tac che sanno scandire le alternanze tra sonno e veglia, e quella cascata dal cielo, così ingombrante, così devastante dentro. I passaggi musicali si prestano a virate nella comicità e al buio interiore dell'assenza/presenza di Satta padre, delle ombre grevi della morte e della violenza compiuta. Tutti nel ruolo i teatranti, uniti in cori che si insinuano nella recitazione a marcare alcuni toni cupi e altri solari. Gli effetti sonori concorrono bene alla narrazione, come per la ferocia controllata di Ruggero (Paolo Meloni) o per il finto stupore di un baraccone esotico.
La drammaturgia di De Monticelli e Anna Zapparoli resta fedele al libro e la mano della regia (lo stesso De Monticelli, lo assiste Rosalba Ziccheddu) traccia geometrie di ingressi e uscite, invenzioni che vanno a segno.
Lo spettacolo tiene il ritmo e accattiva il pubblico, forse maggiormente nel primo atto. Leggero, con momenti grevi di sangue e lutto. Più che teatro è, a tratti, rassicurante avanspettacolo che sa tendere e subito rilasciare le corde drammatiche del riferimento letterario. Al termine, gli applausi di una prima assai riuscita.
MANUELA VACCA
11/12/2009