MERCOLEDÌ, 09 DICEMBRE 2009
Pagina 39 - Cultura e Spettacoli
Applausi a scena aperta per tutti gli interpreti dell’opera di Donizetti
L’indiscusso capolavoro mancava da Sassari ormai da sedici anni È stato proposto nella sua versione integrale
ANTONIO LIGIOS
SASSARI. Mancava dal palcoscenico del Verdi ormai da sedici anni, e il suo atteso ritorno ha fatto registrare non solo un tutto esaurito ma anche un successo pieno, suggellato da numerosi applausi a scena aperta e da un generale consenso che il pubblico ha riservato a tutti i protagonisti dell’opera: la “Lucia di Lammermoor”, l’indiscusso capolavoro donizettiano che ha chiuso la stagione lirica del “De Carolis”.
I motivi di interesse di questa “Lucia” erano almeno due. Da una parte l’impiego dell’edizione critica curata da Roger Parker, che come tutte le edizioni filologicamente corrette riapre i tagli che la tradizione esecutiva ha nel tempo imposto. Ben inteso, non sempre il ripristino dell’opera nella sua integrità contribuisce ad una sua migliore fruizione sul piano dello spettacolo: certe lungaggini infatti - nel melodramma ottocentesco - a volte si giustificano soltanto sul piano del rispetto delle convenzioni musicali. Però è anche vero che dal punto di vista squisitamente drammaturgico altre volte i tagli rendono problematica la comprensione di alcuni lati del carattere dei personaggi: e sicuramente questo è, almeno in parte, il caso della “Lucia”, dove il ripristino di interi numeri musicali, come la scena di Raimondo del primo atto o il duetto Edgardo-Enrico del secondo, sul piano drammaturgico fa sicuramente bene al dramma ben ordito da Cammarano, sicuramente uno dei migliori librettisti del primo Ottocento. Trascurabile invece il pubblicizzato ripristino della “glassharmonica” nella scena della pazzia, visto che la presenza dello strumento era garantita - ci è sembrato - dall’elettronica, attraverso più modesti suoni campionati, molto poco corretti sul piano filologico.
L’altro motivo di interesse era dato dal ritorno al Verdi del tenore Francesco Demuro, questa volta nei panni di Edgardo, e dalla presenza nel cast di un altro voce nostrana, quella dell’ozierese Elisabetta Farris, al debutto nel ruolo di Alisa.
Nel libretto di Cammarano, tratto com’è noto dal romanzo di Walter Scott “The Bride of Lammermoor”, l’elemento ambientale fatto di mistero e di terrore, con le sue atmosfere notturne e le visioni do uragani e di castelli diroccati, svolge un ruolo fondamentale, più dell’elemento “storico” alla Meyerbeer che non interessava né a Donizetti né a Cammarano. Sia l’impianto scenico di Michele Della Cioppa che la regia di Marco Spada (i costumi erano firmati da Simona Morresi) hanno inteso approfondire con coerenza questo aspetto dell’opera, elaborato attraverso alcuni strumenti espressivi che rimandano ad esperienze teatrali più moderne, come quella dell’espressionismo. In questo senso un ruolo molto prezioso è stato svolto dal disegno delle luci affidato a Fabio Rossi, estremamente curato ed efficace.
Sulla direzione di Fabio Mastrangelo va detto che riscatta - almeno in parte - le deludenti direzioni delle precedenti opere, vero tallone d’Achille di questa stagione. Mastrangelo imprime una grande enfasi e un buon ritmo teatrale, ma non è accurato nel dosaggio delle dinamiche e dei colori e - in qualche caso, come nel Preludio e in alcune introduzioni ai cantabili - nella cura dell’assieme e dell’intonazione generale.
Sul palcoscenico svetta la coreana JiHye Son nel ruolo della protagonista, che regala al pubblico momenti di notevole teatro e di matura vocalità: sa usare toni drammatici, patetici e flebilmente malinconici con una fluidità, una scioltezza nel gestire le invenzioni melodiche donizettiane e una precisione nello svolgere le complesse vocalizzazioni che soddisfano anche i palati più esigenti. Certo i suoi recitativi, a causa di una non perfetta padronanza della lingua italiana, mancano di incisività, ma la gestione vocale ed espressiva di “Regnava nel silenzio” e della scena della pazzia riscatta ampiamente questa lacuna. Anche Francesco Demuro offre una bella prova nei panni di Edgardo: chiaro nella dizione, vibrante negli accenti e con uno spiccato senso del legato che gli consentono di delineare un personaggio sufficientemente sfaccettato. Il ruolo di Enrico è affidato a Roberto Accurso, anche lui di casa al Verdi: il baritono canta con un bel senso del fraseggio, non manca di incisività ma a volte difetta di quella veemenza e di quella passione che è necessaria per gestire la natura del personaggio.
Si disimpegna piuttosto bene Francesca Farris nei panni di Alisa, mentre Deyan Vatchkov - che pura vanta ragguardevoli mezzi vocali - affronta il personaggio di Raimondo in modo un po’ monocorde. Sufficiente la prova del tenore Leonardo Cortellazzi, mentre Thomas Vacchi - nei panni di Normanno - ha palesato non trascurabili limiti nell’emissione e nella generale condotta vocale; molto buona invece la performance del Coro Canepa istruito da Luca Sirigu.
Oggi la “Lucia” si replica alle ore 20,30. Le altre due repliche sono programmate per venerdì 11 (ore 20,30) e domenica 13 (ore 16,30).