MARTEDÌ, 08 DICEMBRE 2009
Pagina 40 - Cultura e Spettacoli
Un’insolita «Per Elisa» con lo swing di Fazil Say e della Kopatchinskaia
CAGLIARI. La versione jazz della «Marcia alla turca» di Mozart quattro anni fa aveva stregato il pubblico, sabato il pianista Fazil Say al Teatro Comunale ci ha riprovato con «Per Elisa» di Ludwig van Beethoven.
Il brano è stato rivestito di un mordace e irriverente swing. Stavolta però lo ha fatto con una complice di tutto rispetto, la talentuosa violinista Patricia Kopatchinskaja, assieme alla quale è stato ospite per la Stagione del Lirico. Ma questo era uno soltanto, forse il più trascinante, fra i bis eseguiti a fine concerto.
La beethoveniana «Sonata in La maggiore, A Kreutzer op.47», ha aperto il programma mettendo subito in chiaro quale fosse lo stile interpretativo fatto di vitalità e virtuosismo pirotecnico. Il duo Say/Kopatchinskaja rimuove praticamente una buona parte del drammatismo beethoveniano, alleggerendo i toni, prediligendo freschezza, luminosità, nitore di fraseggio. Qualità che, d’altra parte, si legano perfettamente con la «Sonata n.7» composta dallo stesso Say. Cinque tempi suggestivi una rêverie fantasmagorica, in cui il pianista di Ankara ha profuso tutta la sua inventiva esotica intrecciando danze, elegie e canto popolare.
La concitazione della Kopatchinskaja è più unica che rara. Suona scalza, ampi movimenti di busto e braccia, e pizzica le corde con tanta di quella veemenza da poterla considerare un’esecutrice ideale del «pizzicato alla Bartòk», tecnica che prende infatti il nome dal compositore ed etnomusicologo ungherese. Proprio di quest’ultimo eseguono poi le «Danze popolari rumene», ottimo pendant con la precedente sonata di Say, mentre quella di Bartòk è una suite ripartita in sette movimenti e riproposta nell’arrangiamento per violino e pianoforte di Zoltàn Szèkely.
Qui l’incisività della Kopatchinskaja è spettacolare, a momenti forse anche troppo aggressiva e perentoria. Cosa che nell’ultimo brano, la «Sonata in Sol maggiore» di Maurice Ravel, finisce, sollecitandola troppo, col far saltare perfino un corda del suo violino Pressenda 1834. Un lungo applauso accoglie l’inconveniente e consente la chiusura. con l’ultimo dei tre m