GIOVEDÌ, 26 NOVEMBRE 2009
Pagina 1 - Cagliari
La delibera del centrodestra voleva essere il lieto fine della vertenza e invece restano ancora molte ombre
I misteri del bando di gara, del costo di demolizione e dei tempi di consegna
UMBERTO AIME
CAGLIARI. La delibera c’è, finalmente. Il bando di gara europeo arriverà a febbraio. Il nuovo stadio sarà inaugurato ad agosto del 2011. Evviva, il caso Sant’Elia è bello che chiuso. Balle, non è vero. Il lieto fine è un falso d’autore, ma falso resta. Sono troppi i punti oscuri, le zone grigie. Chi oggi canta vittoria senza aspettare gli eventi, presto potrebbe scivolare sul realismo trapattoniano “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Il caso Sant’Elia è tutt’altro che finito. Questa è la verità.
La delibera. Martedì sera la giunta comunale si è riunita in seduta straordinaria e ha partorito un topolino. Nelle righe lette dal sindaco Emilio Floris c’è davvero scritto poco. Eppure la Regione, con il suo Richelieu del momento, l’assessore all’Urbanistica Gabriele Asunis, aveva dato al Comune molti suggerimenti su cosa andava detto e fatto. E invece la giunta ha tirato fuori soltanto la pezzatura dell’area da dare in concessione, 47 mila metri quadrati e quindi ben oltre il terreno su cui oggi insiste lo stadio vero e proprio, e una generica durata del diritto di superficie: «Dovrà essere sufficiente a consentire l’ammortamento dei capitali investiti e un ragionevole utile d’impresa al privato che sosterrà i costi poi il bene ritornerà proprietà del Comune». Non c’è scritto e non è stato detto altro, a parte quel paletto che imporrà al vincitore, chiunque esso sia, di far giocare il Cagliari calcio nella nuova arena. Doveva essere invece per la giunta l’occasione per mettere le mani avanti, scrivere quello che, almeno in linea di massima, la città ha il dovere di pretendere dal futuro appaltatore. Ad esempio: niente centri commerciali, ma altre strutture per lo sport dilettantistico, nessuna ennesima multisala ma locali polifunzionali per concerti all’aperto ed eventi speciali, mettiamo il ritorno di un Papa, che stavolta parlerebbe ai giovani non più dal misero palco dello slargo, brutto, tra via Roma e il Largo. Nessuna indicazione, neanche una pretesa: il vincitore del bando avrà mani libere e, alla fine, tanta generosità potrebbe rivelarsi un errore strategico, oltre che politico, per la città.
Il bando. Oggi è un mistero. Solo fra tre mesi il dettaglio sarà reso pubblico dagli uffici del Comune. Adesso si sa solo che dovrà essere internazionale, come prevede l’Unione Europea per i maxi appalti. Il resto fra novanta giorni, quando articoli e penali (dovranno esserci anche quelle) sveleranno quali sono gli intendimenti tecnici, non quelli politici, del municipio. Certo, in questi mesi, tecnici e legali del Comune lavoreranno molto e bene, ma quelle maglie larghe concesse a priori dalla giunta rischiano, anche queste, di sollevare futer polemiche e sicuri ricorsi.
L’unica clausola. È quella che impone al vincitore del bando di concedere al Cagliari calcio il nuovo Sant’Elia dal 2011 in poi. D’accordo gli affetti e i diritti sportivi, ma davvero questa imposizione, oggi risarcita al Comune con un canone presunto di 50 mila euro, potrà essere accettata dall’appaltatore - che ovviamente non sia Massimo Cellino - senza nulla in cambio? Gli affari non ammettono cuore, si sa. Eppoi, se il Cagliari pedatorio dovesse andar male, tutta la Sardegna tocchi ferro, come saranno calcolati un domani i prestigiosi diritti di adesso? Oppure, ammettiamo che sia Cellino a vincere il bando, ma poi nel 2013 - ultimo anno della vecchia concessione del Sant’Elia - stufatosi del giocattolo, venda la società: venuto meno l’interesse diretto, come si comporterà, il presidentissimo, nei confronti del suo ex amatissimo Cagliari: lo sfratterà? Le risposte a questi e altri interrogativi, a questo punto, andranno scritte per forza sul bando. Altrimenti saranno guai.
La demolizione. Demolire il Sant’Elia, secondo i tecnici del Comune, costerà quattordici milioni di euro, tutti a carico dell’appaltatore, questo la delibera lo dice. Mettiamo che a vincere sia Cellino: lui dice di avere 30 milioni pronti per l’Arena Karalis, ma tolte le macerie portate in discarica, il suo tesoretto scenderebbe a sedici. E sedici basteranno per costruire lo stadio? No, la ricca Juventus per il suo nuovo «Delle Alpi» - quarantamila posti più centro commerciale contro i trentamila dell’Arena - spenderà ben centoventi milioni. Dove andrà a prendere Cellino gli altri soldi, almeno per riportare i suoi alla prevista quota di trenta: li chiederà al Credito Sportivo, sfruttando la corsia preferenziale già votata dal Parlamento in vista di una candidatura dell’Italia per organizzare gli Europei di calcio del 2016? E se così fosse, chi pagherà poi le rate del mutuo? Oppure, c’è un altro rischio: che altri vincitori tentino, in futuro, di scaricare i loro debiti privati sulle casse pubbliche, pericolo da evitare. Per questi e altri motivi che salteranno fuori da oggi al 2011, il lieto fine sullo stadio Sant’Elia non può essere scritto ancora. Per adesso, c’è solo la prefazione.