la vertenza
«Il ricorso al Tar è confermato. Aspettiamo solo che il Comune ci fornisca gli atti che hanno motivato l'ordinanza e poi lo inoltreremo. Speriamo solo che non ci facciano aspettare troppo». Sergio Mascia, presidente della Poetto services, ribadisce la linea giudiziaria contro gli ordini di demolizione dei chioschi del Poetto firmati dal servizio edilizia privata del Comune. Ma ciò non significa che sia guerra col Municipio. «Non possiamo non ricorrere». Piuttosto, Mascia spera di potere allegare al ricorso la delibera del Consiglio comunale di approvazione del Piano d'utilizzo del litorale, all'ordine del giorno da due settimane e in via di approvazione. «Ci darebbe ottime possibilità di ottenere la sospensione del provvedimento».
Il leader della cooperativa che gestisce 19 chioschi su 21, tiene però a ribadire che «fummo noi i primi a chiedere la demolizione delle strutture in cemento armato nel 1988 e dunque siamo noi le vittime». E per dimostrarlo ripercorre 23 anni di storia.
LA STORIA «Nel 1986 vennero demoliti i casotti e poco dopo un gruppo di persone avviò una trattativa con la Capitaneria di porto per realizzare chioschi che dovevano colmare il vuoto. La Capitaneria ci diede 40 giorni di tempo per realizzarli, così andammo alla Vibrocemento in viale Monastir e acquistammo i manufatti in cemento da 11 tonnellate che costituirono i primi baretti moderni sulle aree che avevamo dal 1950 per i servizi ai casottisti. Si rende conto? Ci accordarono poco più di un mese per una cosa così importante. Fummo i primi», aggiunge Mascia, «ad essere consapevoli che non ci si potesse mettere questa fretta ed a chiedere subito di demolirli per realizzare i baretti con l'architettura dei vecchi casotti, tipici della nostra spiaggia. Presentammo i progetti ma ci scontrammo con chi voleva strutture in legno da smontare a fine estate. Arrivammo al 1999 ed il sindaco Mariano Delogu e l'assessore all'urbanistica Emanuela Abis ci diedero ragione. Non abbiamo mai smesso di chiedere la demolizione e la ricostruzione».
GLI ALLARGAMENTI Vero è che nel frattempo molti si sono allargati. «Chi ha commesso abusi deve pagare, ma c'è una ragione per cui l'hanno fatto. Sino al 1987 noi avevamo le concessioni edilizie per i manufatti in cemento. Poi vennero sospese perché, ci dissero che stavano per approvare il piano. Sono passati 22 anni e non è successo nulla. Diciamo che qualcuno, e non parlo di chi in questi ultimi anni ha ottenuto 5000 o 2000 metri quadri, ha deciso di adeguare la struttura alle esigenze dei clienti».
LA TRATTATIVA Eppure in questi anni i gestori non hanno mai smesso di trattare il Pul con la commissione urbanistica arrivando ad una sintesi. «Infatti è paradossale che mentre trattavamo con l'organo politico, la burocrazia firmava le ordinanze. Andando al merito della trattativa, nella prima ipotesi di Pul era previsto solo un casotto, ora le esigenze sono cambiate. Abbiamo prima chiesto e ottenuto un loggiato su tre lati, un'area per attività musicali, ricreative e culturali, poi l'innalzamento sino a 50 centimetri dalla spiaggia per fronteggiare le mareggiate e lo spostamento all'esterno dei servizi igienici. Così i 140 metri quadri del bar saranno destinati esclusivamente a laboratorio per la piccola ristorazione». Punto, quest'ultimo, contestato dai ristoratori. «Ma non hanno da temere se noi facciamo un'insalata e una bistecca, abbiamo un altro target rispetto a loro». (f.ma.)
23/11/2009