DOMENICA, 08 NOVEMBRE 2009
Pagina 1 - Cagliari
Ordinanza del Servizio edilizia privata del Comune motivata con la mancanza della licenza per costruire
Novanta giorni di tempo per l’arrivo delle ruspe, i proprietari ricorrono al Tar
L’ufficio tecnico accelera per non essere coinvolto nell’inchiesta penale
CAGLIARI. I baretti del Poetto devono essere demoliti. Da venerdì i proprietari hanno novanta giorni, per buttare giù casupole e coperture. L’ordine è stato firmato, in settimana, dal responsabile del servizio edilizia privata del Comune, Mario Mossa. Che ironia della sorte (o è stata una scelta?) ha notificato il primo atto di demolizione al chiosco più lontano dal municipio: «Il capolinea», quello davanti all’ospedale Marino. Secondo l’ordinanza, la lunga e controversa storia dei baretti sarebbe arrivata così proprio al capolinea. Il motivo del pugno duro? Diciotto chioschi su venti sono senza licenza edilizia.
A cadere sotto il peso delle ruspe dovrebbero essere tutti i chioschi meno due: il monumentale «Emerson» e «L’Iguana», che l’anno scorso, a sorpresa, hanno ottenuto la concessione edilizia. «Concessione che non potevano avere visto che il Comune non si è ancora dotato dell’indispensabile, secondo la Regione, Piano per il litorale», dice chi adesso è finito nel fuoco di fila del Servizio edilizia. Sarà vero ma adesso non c’è spazio per coltivare una invidia più o meno giustificata, gli altri proprietari, quelli sotto scacco da venerdì, hanno ben altro a cui pensare: le ruspe, è questo il problema. Devono demolire, non c’è scampo: l’unica salvezza per loro può essere una sentenza favorevole del Tribunale amministrativo regionale, e il ricorso contro l’ordinanza sarà presentato all’inizio della settimana.
L’ordinanza. L’atto firmato da Mario Mossa lascia pochissimi spazi di manovra ai proprietari. Anzi, sono praticamente nulli, a parte l’annunciato ricorso al Tar. «Dovete demolire», e basta: così c’è scritto sull’ordinanza notificata, in queste ore, al filotto di baretti che va dalla Prima fermata fino al «Capolinea», appunto. È fin troppo facile scrivere che i gestori la lettera-ultimatum del Comune “è stata un fulmine a ciel sereno”, dice Sergio Mascia, portavoce di «Poetto services», la cooperativa in sui si riconoscono nell’ordine di apparizione sul litorale: «Palm beach», «La lanterna rossa», «Twist Bar», «Il miraggio», «Calipso», «Corto Maltese», «Fico d’india», «La dolce vita» e «Il Capolinea». Nessuno di loro - ma neanche gli altri - si aspettavano di finire all’angolo. «Dall’oggi al domani siamo sul lastrico», dice ancora Sergio Mascia, nel ricordare l’estenuante trattativa con la commissione urbanistica del Comune, per “trovare insieme la strada giusta fino al Piano di utilizzo”. Mentre, in questi giorni, l’altra anima del municipio, quella tecnico-burocratica, è andata avanti all’improvviso e a testa bassa, senza tener conto del “dialogo serrato” tra Consiglio e baretti che dura dal 1988.
Gli interrogativi. La prima domanda nasce spontanea: perché il Servizio edilizia privata ha firmato ora l’ordinanza? La seconda, anche: cosa ha scatenato l’improvvisa accelerazione degli eventi? Il tutto nascerebbe dall’inchiesta della procura della Repubblica sui ricciai di Quartu. Una volta chiusi i pretenziosi ristoranti su quel fronte del Poetto, tutti sprovvisti delle autorizzazioni sanitarie, la magistratura ha ampliato le indagini anche alle altre strutture, scoprendo - si dice - molte magagne amministrative poi confermate (questa è l’ipotesi dell’accusa) durante i sopralluoghi e il controllo dei documenti, baretto dopo baretto. In altre parole, il Servizio edilizia privata per non essere coinvolto nell’inchiesta penale ha deciso di non aspettare l’esito della trattativa politica e soprattutto, con l’ordinanza di demolizione, ha voluto sfuggire a ogni possibile coinvolgimento giudiziario, con il rischio semmai di finire sul registro degli indagati. Ecco perché l’atto è stato firmato adesso.
Demolire, perché? L’arrivo delle ruspe per demolire e la riconsegna entro novanta giorni al Demanio regionale delle aree è motivato così dal Servizio per l’edilizia privata: «I chioschi per questo ufficio sono abusivi: non hanno la licenza per costruire». Costruire non solo le nuove coperture amovibili (e qui va detto che molti gestori hanno esagerato) ma anche le casette-bar, quelle storiche. Bisognerà vedere se c’è e quant’è la responsabilità dei proprietari e quanto invece di penale graverà sulle spalle del Comune che da 10 anni non riesce a tirar fuori l’obbligatorio Piano per il litorale. (ua)