Le vie di Cagliari diventano i pannelli di una mostra su uno spazio urbano frainteso
Nei manifesti di Rosi Giua la poesia autentica di un quartiere
Il quartiere Sant'Elia si mostra. Non nella cronaca, nei portici di via Schiavazzi dove si dà “l'altro mercato”, che non è quello equo e solidale, né quello della domenica.
Si mostra, Sant'Elia, bella, positiva, autentica. E non per investimenti o riqualificazioni. No. Se i giardini prospicienti il borgo antico sono ben tenuti è perché c'è uno zoccolo duro di abitanti che li vuole così, puliti e curati, come i ragazzi che lavorano al Lazzaretto, e lo proteggono e curano. E come tutte le oneste persone che in quel lembo di terra, ogni giorno, svolgono le loro attività, o si arrangiano, insomma. Come Benvenuto, Piero, pescatori, Antonello, fruttivendolo, Franca, che aggiusta le reti, Antonino, che aggiusta lavatrici. Le loro facce, il loro lavoro, è in formato 6x3 su manifesti sparsi per Cagliari, da qualche giorno e fino all'8 novembre. Pubblicità progresso? No, solo una bella idea. Anzi due.
La fotografa cagliaritana Rosi Giua ha infatti lavorato, da un anno e mezzo a questa parte, fotografando Sant'Elia da un altro punto di vista, poetico e positivo, appunto. Poi, pensando di fare una mostra su questo lavoro, ne ha parlato con l'associazione culturale Parolibera e, dopo avere ottenuto un finanziamento dalla Provincia, troppo esiguo per una mostra, hanno deciso di impiegarlo nella stampa di dieci grandi manifesti da affiggere nelle vie della città (viale Poetto, viale Diaz, via Mameli, via Bacaredda e via Cadello), creando un'estemporanea di fotografia, una mostra urbana nuova nella concezione ed efficace nella comunicazione. Con grafica di Roberta Sanna, i manifesti sono concepiti per temi, primo il lavoro. Che, associato al nome del pescatore Benvenuto, diventa auspicio collettivo, un benvenuto al lavoro! Poi il mare. In via Mameli c'è il manifesto coi bambini che giocano su una spiaggia incantevole. È quella vicino al porticciolo, almeno la fortuna di un luogo ameno per un quartiere sofferente. Accanto, nella stessa via, il Santo Elia in processione, a luglio, sullo sfondo di campi incolti assolati e palazzoni. Poesia pasoliniana.
Ed è poesia metropolitana il panorama che Rosi Giua ha realizzato da chissà quale punto. Una visione così, le luci dei palazzoni al tramonto, le montagne di Capoterra sullo sfondo, risarcisce in dignità e bellezza per tutta l'iconografia negativa. Anche se dislocati in modo casuale, occupando gli spazi pubblicitari che in questo periodo erano liberi, i dieci manifesti diventano un'unica storia, la morale della quale pare racchiusa nell'headline scelto, comune ad ogni manifesto. La frase è del canonico Giovanni Spano:«Se si praticasse un canale nell'istmo diventerebbe un'isola». Cent'anni dopo, il canale non si è dato, l'isolamento sì. L'antidoto più forte per un quartiere depresso è iniziare a frequentarlo (per esempio recandosi all'eccellente mercato domenicale). E iniziare a vederlo, come ha fatto Rosi Giua, con occhi diversi.
RAFFAELLA VENTURI
07/11/2009