La strage dei ristoranti a Cagliari, 135 locali chiusi nel 2022: “Colpa dell’invasione dei tavolini in centro”
Numeri negativi record in città. I residenti dei vecchi rioni non hanno dubbi: “Tavoli, sedie e ombrelloni hanno invaso le piazze e le strade degli antichi quartieri in modo soffocante. L’80% delle imprese non supera i 3 anni di vita”. Negli ultimi 10 anni in fumo mille e 500 posti di lavoro.
Una strage. Nel 2022 a Cagliari 135 ristoranti hanno chiuso i battenti, mentre solo 57 hanno aperto. Un saldo negativo di 78 attività in meno. Un saldo negativo record, mai registrato prima in città, quello registrato dai numeri della camera di Commercio e diffusi dal comitato “Rumore, no grazie”, da anni in lotta contro gli schiamazzi notturni nel centro storico della città.
Le cifre sono impietose. Negli ultimi 10 anni, quelli dell’esplosione della moda delle consumazioni al tavolino all’aperto, la città si ritrova con 581 imprese scomparse e mille e 500 posti di lavoro (tra titolari, lavoratori e coadiuvanti) in meno.
“I dati sulla natalità e mortalità dei pubblici esercizi, resi accessibili dalla Camera di Commercio in questi giorni, rivelano che le imprese che hanno cessato l’attività nel 2022 hanno raggiunto un vertice mai raggiunto nel passato: 135. Più del doppio del 2021, anno in cui le imprese che avevano salutato i pochi clienti rimasti erano 61”, dichiara Enrico Marras, del comitato Rumore no grazie, “per chi ritiene, a prescindere da ogni analisi economica e di mercato, che la crescita del numero delle imprese sia comunque un indicatore altamente positivo, la batosta è più che sonora. Neanche negli anni terribili del Covid si era registrata una moria di pubblici esercizi come nel 2022.
Nella totale assenza di un “Progetto di qualificazione e sviluppo dell’economia urbana”, approccio non semplice per chiunque, l’unica “politica” che rimane in campo è quella del lassismo: lasciamo fare al mercato. Non solo, ma quando l’amministrazione civica usa le proprie leve di commando, lo fa con effetti disastrosi, come ben dimostra la politica di concessione del suolo per mescita e ristorazione.
A fronte della convinzione che l’invasione illegittima e soffocante di ogni lembo di suolo pubblico con tavoli, sedie e ombrelloni sia una soluzione da perseguire, l’alta mortalità delle imprese è la prova più che evidente della mancanza di ogni barlume di cultura economica e di conoscenza del mercato in chi governa la città”.
Secondo i comitati, l’incremento dell’offerta nel centro storico, “artatamente forzato con la concessione del suolo pubblico a prescindere dalla domanda, ha solo effetti disastrosi”.
Ecco quali: “Riduce il rapporto residenti-pubblici esercizi (appena 110 a 1), incrementa in modo sconsiderato i pubblici esercizi nel Centro storico con grave nocumento degli altri quartieri, alimenta la mortalità delle imprese, ormai sotto i 5 anni. L’ottanta per cento delle imprese non supera i tre anni di vita. Inoltre “assottiglia il rapporto reddito netto-fatturato, oggi attestato a livelli che appaiono ridicoli, appena lo 0,3 per cento (dati del Ministero del Tesoro) e mortifica l’esistenza quotidiana dei residenti, inducendo tanti all’abbandono, e persino a difendere in giudizio il loro diritto al sonno, alla salute e alla vita”.