Il caso. Chiusi prima dell'estate i piccoli ristorantini gestiti dai pescatori: sulla spiaggia solo desolazione
Era diventata un'abitudine per i cagliaritani e i turisti: andare al Poetto a mangiare ricci, gustandoli crudi o con gli spaghetti, seduti nei gazebo con vista sul mare. Il litorale, complice spesso il bel tempo, attirava famiglie, coppie e gruppi di colleghi in “pausa pranzo”, ma anche all'ora di cena tra i chioschi c'era sempre movimento, per tutto l'inverno. C'era anche il trasfertista che ogni venerdì prenotava sempre lo stesso tavolo all'aperto e poi la domenica tanta di quella gente che faceva la fila, magari solo per una degustazione e un bicchier di vino, davanti ai tre chioschi cagliaritani, tutti sempre molto affollati, come d'altra parte quelli di Quartu. Una tradizione tipica delle città di mare.
DESOLAZIONE C'era una volta...Sino a otto-nove mesi fa era così. Ora si è aperta la stagione dei ricci (dal primo novembre al 13 aprile) ma i chioschi continuano a restare chiusi, sotto i sigilli di un sequestro disposto dalla magistratura. C'è un'indagine della Procura sui ristorantini dei ricciai che va avanti dalla scorsa estate e finché non si farà luce sulle accuse contestate (invasione di suolo pubblico, abusi edilizi, mancanza di autorizzazione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico) sarà difficile rivivere quell'atmosfera sul lungomare. Ora è una desolazione, vedere quei chioschi abbandonati e i proprietari “sfrattati” che sono tornati a fare gli ambulanti: possono solo venderli i ricci, tre euro per una dozzina. In questi giorni, soprattutto nelle mattinate quasi primaverili, si vedono alcune bancarelle coi ricci appena pescati, sia nel lungomare che nella strada dietro i chioschi. In altri tempi, a novembre, ci sarebbe stato il pienone al Poetto. Invece, in un limpido venerdì mattina (l'altro ieri a mezzogiorno), ecco che succede: sul litorale si sente solo l'eco delle campane. «Campane a morto», rispondono i ricciai e non è una battuta. Tre signore, passo svelto da cura dimagrante, rallentano di fronte al chiosco “Mare forza 9”, all'altezza dell'Ottagono: «Qui non si trovava manco un posto in piedi», assicurano. Dovete riaprire? Ma è iniziata la stagione? chiedono i passanti ignari, tra cui una coppia di Sanluri arrivata a Cagliari con l'illusione di una spaghettata ai ricci. «Ditelo al Comune che non ci dà la concessione», ripete il titolare, Renzo Carta, come se i cittadini fossero ambasciatori delle sue pene. Non c'è un'anima nei due chioschetti affianco, Mare blu e Il riccio d'oro, anche questi con la scritta “struttura sottoposta a sequestro”. Poco più avanti un venditore di ricci. «Freschi di giornata - assicura Mario Vacca dietro il suo banco - sono un ricciaio storico di Cagliari e morirò ricciaio, non ristoratore che non è il mio mestiere», e chi vuole intendere intenda.
NOSTALGIA Ma alla gente quei chioschetti piacevano: «A Tokyo o a Seul non c'è nulla di più piacevole che gustare sushi o sardine arrosto di fronte al mare», dice un signore di ritorno dall'Asia. Un gruppo fa capannello davanti al chiosco di Ricciomania, altra tappa storica nel tour dei ricciai del Poetto. Il titolare è seccato di vedere penna e taccuino: «C'è un'indagine in corso, non scriva nulla», avverte. Eppure è un pezzo di storia cagliaritana da raccontare. L'ultima parola non è stata ancora scritta ma in tanti si augurano che sia un lieto fine. (c.ra.)
08/11/2009