Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Povertà provvisoria, la nuova emergenza

Fonte: La Nuova Sardegna
2 novembre 2009

LUNEDÌ, 02 NOVEMBRE 2009

Pagina 19 - Cronaca 



Una ricerca di Remo Siza delinea i contorni di un fenomeno sempre più allarmante




CAGLIARI. La povertà non ha la faccia di sempre: non dura per tutta la vita di un individuo, ma non colpisce più classi sociali definite. Le persone che sono povere e restano tali in Italia non raggiungono l’11 per cento, la Sardegna non fa eccezione.
Ma quel che sta crescendo non solo nell’isola, bensì in tutta Europa, è la povertà cosiddetta provvisoria, che ha la caratteristica di durare un anno o due, però riesce a mettere in ginocchio persone, famiglie, addirittura intere reti familiari. Il tema è analizzato da Remo Siza, nel suo libro (Franco Angeli editore) dal titolo «Povertà provvisorie, le nuove forme del fenomeno», collana social issues. Siza, già direttore generale delle politiche sociali all’assessorato regionale igiene e sanità, è autore di una serie di volumi sulla progettazione sociale e insegna politica sociale all’università di Cagliari. «Povertà provvisorie» nasce da una sua collaborazione con l’università di Birmingham e centra il problema delle famiglie che vanno incontro a una povertà, normalmente di durata breve e che raramente si configura come deriva sociale irreversibile. La provvisorietà di tale povertà non deresponsabilizza, però, il sistema sociale. Perché «il rischio di povertà è molto più esteso rispetto al passato, ora - sottolinea Siza nel suo libro - coinvolge quasi la metà della popolazione». Anche in Sardegna. E’ la quantità di nuovi poveri, o poveri «provvisori», che fa esplodere l’emergenza: tale condizione non è legata «a un periodo di crisi economica più o meno grave, ma a dinamiche sociali che generano crescente instabilità e insicurezza nella vita delle persone, nel lavoro, nella famiglia». Il nuovo percorso della povertà è fatalmente destinato a «ridurre l’efficacia degli attuali sistemi di protezione sociale, creando instabilità in tutte le relazioni».
Le povertà provvisorie colpiscono famiglie un tempo al riparo da questo rischio: nuclei familiari di insegnanti, di impiegati, di operai.
Le cause dello squilibrio che porta alla povertà, vale a dire la caduta sotto la soglia di reddito che, nei diversi paesi, configura uno stato di povertà, possono cominciare con la perdita del lavoro di uno dei coniugi; una malattia che richiede cure costose e rende impossibile la prosecuzione di un lavoro autonomo; una separazione fra coniugi in famiglie monoreddito; l’impossibilità di stabilizzare il lavoro precario di almeno uno dei coniugi. Se questi eventi si abbattono su famiglie mononucleari, senza quindi una rete di parentela forte, oppure colpiscono famiglie ultime nella serie dei parenti a finire in povertà, ecco che il problema esplode e occorrono misure sociali opportune, calibrate sulla realtà e non su schemi superati. Un esempio. In vari casi, per superare uno stato di povertà, possono «bastare» due azioni: un sostegno economico alla famiglia, l’aggiornamento professionale per il lavoratore che è uscito dal sistema produttivo. L’uno deve durare finché la formazione non è completata, ma con un intervento del genere l’uscita dall’indigenza è certa. Siza nel libro entra nel merito delle politiche sociali che «possono costituire un reale aiuto per le famiglie che si trovano in questa condizione di vita». (a. s.)