Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sono stranieri due cagliaritani su cento

Fonte: L'Unione Sarda
29 ottobre 2009

Nuovi residenti in aumento. I più numerosi nell'Isola sono i rumeni, a Cagliari i filippini

Il rapporto della Caritas sugli immigrati: «Più integrazione»

Sono giovani, fanno figli, aprono imprese. Sono gli stranieri residenti in Sardegna.
Cosa volete che sia la crisi sarda rispetto alla povertà che si lasciano dietro gli immigrati? Poca roba. E infatti continuano ad arrivare, lungo le rotte della speranza: 4.431 quelli che nel 2008 hanno acquisito la residenza nell'Isola, portando il totale a poco meno di 30mila. Su 100 residenti, il 31 dicembre scorso, circa due (1,8, per l'esattezza) erano stranieri: Cagliari è in linea col dato regionale, frutto di una media fra zone come il Medio Campidano dove i migranti sono appena lo 0,6% e zone come Olbia Tempio, dove salgono al 5,3%. Dati contenuti, rispetto a regioni come Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna. Ma sostanziosi rispetto al passato: dal 2001, gli stranieri residenti in Sardegna sono cresciuti del 177 e passa per cento. E significativi quanto a effetti: a partire da quelli, positivi, sul saldo demografico (è grazie agli immigrati che nati e nuovi arrivati superano morti ed emigrati) ma anche nel quadro economico, grazie alle 265 nuove imprese, quasi tutte nel settore del commercio, avviate l'anno scorso da imprenditori non italiani.
LA PRESENTAZIONE A radiografare la situazione nell'Isola e in Italia, Caritas e Migrantes, il cui Dossier statistico annuale è stato presentato ieri. A Cagliari, l'incontro si è tenuto nei locali dell'oratorio della parrocchia, a Sant'Elia, dove i lavori sono stati coordinati dal giornalista Andrea Sechi e introdotti da don Marco Lai, responsabile locale della Caritas che ha annunciato la prossima Festa dell'accoglienza, promossa dalla diocesi. A Raffaele Callia è toccato il compito di soffermarsi sulla realtà sarda.
NAZIONALITÀ Un migrante su due viene dall'Europa. I più numerosi, nell'Isola, sono i rumeni, comunitari da poco meno di tre anni, seguiti dai marocchini e dai cinesi, che da tempo hanno superato i senegalesi. Quinti i tedeschi, sesti gli ucraini. A Cagliari e in provincia, invece, la comunità più numerosa è quella filippina, settima per consistenza nell'Isola.
GUERRA FRA POVERI Ma come vengono accolti, in Sardegna, gli stranieri? «La xenofobia c'è ma è il frutto di una guerra fra poveri», analizza Anselmo Piras, nella duplice veste di capo di gabinetto dell'assessorato (per ora vacante) regionale al Lavoro e di assessore comunale alle Politiche sociali. Angela Quaquero, responsabile delle Politiche sociali della Provincia, ha criticato le misure assunte nell'ultimo anno dal governo in materia di immigrazione: dai respingimenti dei barconi al pacchetto sicurezza, alla sanatoria sulle badanti: «Ha portato con sé anche alcuni soprusi: ci sono famiglie, a Cagliari, che dopo aver usufruito per anni di lavoro nero hanno preteso indietro dalle badanti i soldi spesi per la regolarizzazione». Ada Lai, dirigente dei Servizi sociali del Comune di Cagliari, ha sottolineato l'imprescindibilità delle regole e dei servizi come base per ogni accettabile politica dell'integrazione: «Non ha senso fare entrare indiscriminatamente ondate migratorie che scatenerebbero solo nuove lotte fra poveri».
IN ITALIA Il quadro nazionale riserva alcune sorprese. Una per tutte: i migranti che arrivano con i barconi (37 mila l'anno scorso) corrispondono a meno dell'un per cento di quelli regolarmente in Italia, che sono circa 4.330.000 (uno ogni 14 italiani), hanno un'età media bassa (31 anni contro i 43 degli italiani), fanno più figli, trovano occupazione perché accettano impieghi che gli italiani non vogliono più fare (200 mila sono stati assunti nel 2008) forse perché sono pericolosi (e infatti sono protagonisti del 16 per cento degli infortuni sul lavoro). «Conoscere - ha concluso Maria Paola Nanni, fra le curatrici del dossier - è importante per ribaltare pregiudizi e chiusure immotivate. Dopo il pacchetto sicurezza, serve un pacchetto integrazione». Lo stesso messaggio lanciato dai vescovi italiani.
MARCO NOCE

29/10/2009