Una piazza per Andrea Arrica, l’uomo dello scudetto rossoblù
È stato vicepresidente del Cagliari dello scudetto, l'artefice del calciomercato che portò i rossoblù alla vetta più alta
È stato vicepresidente del Cagliari dello scudetto, l’artefice del calciomercato che portò i rossoblù alla vetta più alta. Oggi, ad Andrea Arrica, si vuole dare un riconoscimento, seppure minimo a confronto del lavoro fatto da lui. Così il consigliere comunale Antonello Angioni ha firmato una mozione per titolargi una piazza o una strada vicino allo stadio.
L’iniziativa è stata resa pubblica in mattinata, durante la presentazione del libro di Stefano Arrica, Sergio Cadeddu e Gianluca Zuddas “Mio papà, il padre dello scudetto”. All’incontro era presente anche il presidente del Coni Giovanni Malagò, insieme al sindaco Paolo Truzzu, all’assessore allo Sport Andrea Floris e al presidente del Consiglio comunale Edoardo Tocco.
“Andrea Arrica è stata una figura importante non solo per Cagliari ma per tutta la Sardegna”, ha detto il primo cittadino. “Rappresenta l’esempio di chi ha valori umani, testa a capacità. Per fare grandi cose – ha aggiunto -, le società sportive hanno bisogno di avere uomini veri, che sappiano dare il massimo e che tengano a quello che fanno”.
Il presidente Malagò ha raccontato dei rapporti molto stretti tra la sua famiglia e quella di Arrica: “Andrea mi ha visto nascere, la mia famiglia si è incrociata con quella di Stefano. Ci volevamo molto bene. Favole come quelle del Cagliari, del Verona e della Sampdoria forse non si ripeteranno più. Più si va avanti, più è complicato: un’altra favola è stata quella del Leicester, ma questo gap con le società più grandi ora si è allargato. Arrica, un uomo gigantesco nella visione. Ha fatto miracoli. Alzava il telefono e parlava con tutti. Riva l’ha acquistato per la credibilità e la reputazione che si era guadagnato. Un uomo di sport: il golf in Sardegna è nato con lui, aveva grande passione per il pugilato e grandi competenze nel rugby”.
Poi è stata la volta del figlio Stefano: “L’idea di questo libro è nata quando mio padre ci stava lasciando e poi ha preso corpo. È una storia promessa a papà. Persone che hanno fatto la storia del calcio come Carraro o Moratti hanno speso per lui splendide parole, ne sono orgoglioso. Lui era solito sdrammatizzare: tutta fortuna, diceva. Ma non era fortuna”.