Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Operapè», in un’arnia il segreto della vita

Fonte: La Nuova Sardegna
27 ottobre 2009

MARTEDÌ, 27 OTTOBRE 2009

Pagina 38 - Cultura e Spettacoli



Alla Vetreria l’allestimento con la regia di Alessandro Lay




ENRICO PAU

CAGLIARI. «Operapé». E’ un’operetta morale. Leopardi l’avrebbe intitolata «Dialogo fra la Morte e L’Apicoltore». I Cada Die hanno scelto un titolo più misterioso.
Ma il senso dell’allestimento presentato sabato in Vetreria non cambia. Come nel Leopardi delle «Operette» il senso è chiuso dentro gli affascinanti orizzonti di un dialogo sul futuro dell’umanità. Una filosofia minacciata continuamente e singolarmente dalla musica rock, da una chitarra elettrica che la Morte usa come la falce dell’iconografia classica per violentare le certezze dell’Uomo, le sue fragilità. Protagoniste assolute di «Operapé» sono le api, minacciate dal progresso, come le lucciole di Pasolini. Vi ricordate il suo articolo sul Corriere della Sera, sulla loro scomparsa? Profezia di un futuro dove la Natura, quella leopardiana, dovrà lasciare il futuro al progresso e quindi all’omologazione, alla scomparsa delle differenze. Oppure alla scomparsa delle api come profetizzava Albert Einstein, segno della fine della vita sul pianeta. Tema filosofico, scientifico e poetico, potente come lo spettacolo messo in scena da Alessandro Lay, elegante nelle luci e i di Giampy Guttuso, e a una colonna sonora di echi bachiani amati dal Pasolini cinematografico. Filosofia che scivola continuamente verso un’ironia circense, malinconica. L’Apicoltore, che sembra un clown astratto, rubato ad un dramma bekettiano, gioca con una corda a cui vuole impiccarsi, incapace di accettare il dolore per la scomparsa delle sue api, il vuoto delle arnie, vuote come una città abbandonata per sempre. La Morte parla, come parlava la Natura di Leopardi con l’Islandese. Ma le sue non sono rispost. Il suo linguaggio è crudele, come sembra a volte la natura che non “pensa” agli uomini quando li affligge con gli uragani, o li sotterra con i terremoti. «Pensavo che tu fossi Nulla» dice a un tratto l’Uomo. «Nulla, a chi?». La filosofia della morte è filosofia spicciola, dare, avere, prendere. Stranamente incomprensibile per l’Apicoltore. Lui è il simbolo di un umanesimo ormai in via di estinzione come le api, che non si fonda sullo sfruttamento della natura ma sulla simbiosi fra gli esseri viventi, sull’idea che progresso non vuole dire piegare la natura agli egoismi. «Operapé» è uno spettacolo che fa ben sperare per il futuro della scena isolana, spesso asfittica, incapace di pensare in grande, come fa invece questo spettacolo, chiusa dentro i confini, scarsamente interessata a misurarsi con i temi universali che possono affascinare il pubblico a tutte le latitudini.