SABATO, 31 MAGGIO 2008
Pagina 1 - Cagliari
Presentato il progetto di riqualificazione abitativa del borgo Sant’Elia
Alkhemade: «Gli abitanti chiedono servizi e spazi di vita in comune»
ROBERTO PARACCHINI
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CAGLIARI. Per l’assessore regionale Carlo Mannoni la riqualificazione di Sant’Elia vale una legislatura. L’importanza è epocale: sia perchè darà una vita più dignitosa a migliaia di persone, sia per il valore simbolico dell’intervento sui palazzoni «della vergogna».
Il «no» alla demolizione. «Perchè quando ci sono dei problemi, combattiamo tante guerre e pensiamo che le cose si risolvino solo con la distruzione?», Floris Alkemade ha aperto il suo intervento con questo proverbio. Il progettista dell’Office for Metropolitan Architecture (OMA) che fa capo all’architetto Rem Koolhaas, a cui è stato affidato il master plan su Sant’Elia, ha precisato che anche per i palazzoni si era partiti dall’idea che dovessero essere rimossi. Ma col proseguire del lavoro si è visto che la demolizione non sarebbe stata la strada migliore: sia perchè gli abitanti non la vogliono, sia perchè le costruzioni presentano una serie di elementi positivi.
L’inchiesta. Prima di fare qualsiasi progettazione, i tre gruppi di lavoro (dell’università di Cagliari, Milano e Rotterdam) hanno analizzato il territorio e cercato di capire le esigenze degli abitanti. E per farlo hanno esaminato non solo il territorio e la sua storia edilizia, ma coinvolto le persone che vi abitano, nei palazzoni. Da tutto questo, come ha ricordato Giovanni La Varra (del politecnico di Milano) si è ricavata la volontà degli abitanti di conservare gli edifici, eliminandone le criticità. A Sant’Elia, anche se l’insediamento è stato realizzato negli anni Settanta del secolo scorso, c’è una forte stratificazione (dai nonni ai nipoti) che contribuisce al legame con l’esistente. Inoltre c’è una notevole capacità di intrapresa economica degli abitanti a partire dal borgo.
Le criticità. Gli aspetti più critici dei palazzoni sono quelli che, inzialmente, si pensava che li caratterizzassero positivamente: il piano «piastra» e il pianterreno. Luoghi che non sono mai diventati punti di collegamento, bensì centri di degrado e di attività, spesso, illegali: considerati «il Bronx» dagli stessi abitanti. Mentre gli appartamenti dei piani più alti vengono considerati funzionali. Inoltre gli spazi tra i vari palazzi non sono mai diventati ambienti di vita, ma sono stati abbandonati a se stessi e trasformati in luoghi di emarginazione. Oltre al fatto che i collegamenti con la città non si sono fatti. Da qui l’esigenza, ha spiegato Alkemade, di intervenire riqualificando questi spazi (piano «piastra» e pianterreno) sia con eventuali altri alloggi a due piani, che con servizi (per 29mila metri quadri). Determinante poi la creazione di coorti negli spazi intermedi, di luoghi vivibili e transitabili.
Il mare. L’analisi della zona ha rilevato anche che il mare sembra più un estraneo che un elemento integrante. Da qui l’esigenza di intervenire in questo settore tenendo presente anche i progetti che già ci sono sul lungomare: il porticciolo per i pescatori, il recupero dell’ex deposito del sale Nervi, la trasformazione dello stadio e il museo Betile. Quest’ultimo, ha precisato l’architetto di Rotterdam, per le sue caratteristiche (il progetto è stato vinto da Zaha Hadid) si presenta come un elemento nuovo che trasforma il contesto. E che diventa anche uno dei punti centrali per il recupero del lungomare. Il progetto prevede anche un ponte sull’acqua per collegare il quartiere al museo. E ipotizza lo spostamento dello stadio, da ricostruire più piccolo e a ferro di cavallo, con l’apertura sul Betile e il mare.
Le nuove residenze. Il porticciolo dei pescatori dovrebbe essere poi collegato coi palazzoni (il gruppo Lame) tramite un viale attorno al quale dovrebbero nascere anche nuovi insediamenti. Il master plan prevede diverse ipotesi di insediamento, il cui risultato finale andrebbe, complessivamente, da seimila a oltre undicimila abitanti. Ma perchè aumentare le residenze? Per contribuire a rompere l’isolamento delle attuali abitazioni e contribuire all’integrazione con la città. In questa prospettiva Sant’Elia diventa anche un’opportunità per la città.
Il futuro. «Ogni viaggio inizia da un primo passo», ha concluso Alkemade, per invitare ad andare avanti. Ma ci sono ancora alcuni problemi da risolvere. In primo luogo il proseguo del dialogo tra la Regione e il Comune. Un tavolo di discussione esiste già, ha affermato l’assessore Mannoni, che ha anche ricordato che ci sono 45 milioni di euro e che, se i lavori non si iniziano entro l’anno, diventeranno residui. Ma ancora dobbiamo approfondire molti aspetti, ha replicato Massimiliano Tavolacci, pesidente della commissione consiliare comunale all’Urbanistica. Mentre l’assessore comunale Gianni Campus ha ricordato come Sant’Elia sia un problema di tutti. Enrico Corti (già progettista del Puc di Cagliari) ha, invece, promosso a pieni voti il progetto: sia come modo giusto per costuire la città, sia per affrontare la didattica e sia per rapportarsi con la contemporaneità.