Edilizia. Marco Merlo è in graduatoria dal 1999 per un alloggio. Il Comune: «Deve pazientare»
La disperazione di molte famiglie: quando si decideranno a realizzare nuove sistemazioni?
Ha fatto richiesta formale per la prima volta nel 1999. «Sono passati dieci lunghi anni dal bando di concorso per un alloggio alle case comunali e ancora non ho avuto nessuna risposta ». Marco Merlo, 50 anni, è un cittadino che lavora, paga un affitto, le bollette e le tasse. Ma vive sotto la soglia della povertà. Ogni volta che si presenta all'ufficio assegnazioni di via Sassari gli dicono sempre le stesse cose: bisogna avere pazienza, devono costruire ma non si sa quando, lei ha ragione ma non sappiamo cosa dirle.
DIECI ANNI FA Marco Merlo ha compilato una regolare domanda per l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica. Subito gli è stato assegnato un punteggio e un posto in graduatoria, a dimostrazione del fatto che i requisiti per chiedere una casa popolare, Marco Merlo, ce li aveva tutti: è un cittadino italiano che risiede da cinque anni a Cagliari, non era e non è titolare di alcun diritto di proprietà, non ha mai usufruito di finanziamenti agevolati da parte dello Stato e di qualsiasi altro ente pubblico. Soprattutto, il reddito complessivo annuo del suo nucleo familiare non supera gli 11.500 euro. È sposato (da quindici anni) e ha un lavoro part time a tempo determinato. «Faccio la guardia giurata da qualche mese, ma sinora mi sono dedicato a vari tipi di lavori: ho fatto il benzinaio, il cameriere, il barista. Però non sono mai riuscito a comprare una licenza per avere un locale tutto mio». Non ha figli, cosa che lo penalizza perché non gli consente di avere punti a sufficienza in graduatoria. Oggi guadagna novecento euro al mese. Sua moglie sta a casa perché ha un'invalidità che non le permette di lavorare, e Marco dice di non farcela più. «Mia moglie è malata, ha un lupus. Abitiamo in un appartamento di quaranta metri quadri e paghiamo cinquecento euro di affitto. A questi vanno aggiunti novanta euro di condominio, l'acqua, la luce, le tasse». Non protesta per quanto deve pagare, «è giusto così - dice - ma non so come andrà a finire per noi, perché non ce la possiamo fare ». E infatti non ce la fanno, e sono costretti a chiedere aiuto al padre di Marco o alla suocera. «Un giorno mangiamo da uno, il giorno dopo dall'altra: per me tutto questo è umiliante, ma penso di avere anch'io diritto a una casa. Non tutti hanno la fortuna di avere un appartamento di proprietà. Io non sono mai riuscito a realizzare questo sogno ». Adesso chiede - visto quello che si sente dire ogni volta all'ufficio assegnazioni di via Sassari - «quando il Comune si deciderà a costruire nuove case popolari». E se, per caso, «c'è bisogno che arrivi un terremoto, o un alluvione, perché gente come noi abbia una casa. La verità è che quelle che ogni anno mi dicono che verranno costruite, sono case fantasma». ¦ R. M.