Tre conferenze in poche ore per il vulcanico critico d'arte
Intensa giornata cagliaritana, ieri, per il critico d'arte Vittorio Sgarbi, protagonista di tre incontri in poche ore.
Tre discorsi in un giorno, da palazzo Regio al teatro Massimo alla Cattedrale: un tour de force che Vittorio Sgarbi, critico d'arte, scrittore, ex assessore alla Cultura di Milano e attuale sindaco della cittadina siciliana di Salemi, affronta in scioltezza.
PALAZZO REGIO Si comincia di mattino in una sala vuota di palazzo Regio: alla conferenza stampa che presenta la mostra che dal 6 novembre sarà dedicata alle creature di tessuto e panno Lenci e carta e fil di ferro delle sorelle Coroneo ci sono un paio di giornalisti, due o tre tra fotografi e teleoperatori più le ragazze dell'accoglienza. Dieci anime in tutto. Sgarbi arriva con mezz'ora di ritardo, scortato dallo scrittore (e direttore artistico del premio Alziator) Salvatore Niffoi e accolto dall'assessore alla cultura della Provincia Angela Quaquero e dalla curatrice Anna Maria Cabras. Traccia una breve panoramica di cinque secoli di creatività femminile per raccontare poi i due tempi della traiettoria artistica delle Coroneo: dai raffinati, eleganti, aggraziati bozzetti degli anni Venti e Trenta alle figure tormentate, sofferte, perfino mostruose degli anni Quaranta e Cinquanta. Evoca Giacometti, Sgarbi, e parla di arte dal valore assoluto: «Altro che Nivola».
TEATRO MASSIMO Un'ora dopo, presentato da Niffoi, è sul palco del teatro Massimo per il premio Alziator: parla di tutto. Cioè di sé, ovviamente, ma anche di tv e democrazia, paragonando Berlusconi a Fidel Castro e a Ugo Tognazzi; ricorda la famigerata frase del compositore Karl Heinz Stockhausen sulle Torri Gemelle (il loro crollo? «l'opera d'arte più grande mai esistita»); ragiona sul rapporto fra opera e rappresentazione e su quello fra cinema e pittura («un'attività ormai inutile, superflua e perciò bella, come l'andare a cavallo»); elogia Niffoi; accenna al suo libro futuro, che si intitolerà “L'Italia delle meraviglie”, e si dilunga su quello ancora nelle librerie, “Clausura a Milano”, dedicato al suo addio alla giunta guidata da Letizia Moratti, definita «una suora» per tacere di altri, meno riferibili, epiteti.
Ad ascoltarlo, un paio di decine di pensionati e, soprattutto, pensionate cui il lessico non certo castigato del polemista strappa qualche scandalizzato sospiro, ma anche un paio di classi del liceo scientifico “Alberti”, dai quali arriva una domanda sul rapporto fra l'immagine degli uomini di Stato e l'arte di Stato. Sgarbi risponde con una tirata in cui, en passant , fa a pezzi il teatro Massimo («una scatola di scarpe, l'architetto che l'ha fatto dovrebbe essere preso a calci», indovinate dove) e il progetto del ponte di Messina («idiota costruirlo nel punto in cui si verificò il più disastroso terremoto della storia d'Italia») e dichiara Berlusconi perdente nel confronto con Obama (ma vincente in quello con gli antagonisti italiani). Finisce firmando autografi.
CATTEDRALE Di sera, in cattedrale, c'è il pienone. Sgarbi deve presentare tre quadri del Cinque e Seicento, tre Visitazioni che fanno il seguito alle tre Annunciazioni che hanno dato il via a un ciclo che prevede altri due appuntamenti, uno a Natale e uno a Pasqua. Uno dei tre, garantisce Sgarbi, «è di gran lunga il più importante mai esposto in Sardegna»: è quello di Lorenzo Lotto, «il più sensibile dei pittori veneti», schiacciato dalla fama di Tiziano ma, quanto a grandezza, spiega il critico, suo pari. Gli altri quadri sono di Tanzio da Varallo (l'artista dell'omonimo Sacro Monte) e del minore Cosimo Daddi. Sgarbi parla dopo Maria Lucia Baire (nei panni di direttore del museo diocesano, non in quelli di assessore regionale alla Cultura) e l'arcivescovo Giuseppe Mani, ai quali riserva delle battute garbate. Più acuminata quella indirizzata a Renato Soru: «Mi ha detto che non sarebbe venuto perché i quadri erano troppo religiosi». Ma è solo un passaggio: i capolavori esposti sull'altare (e da oggi al museo del Duomo) sono troppo importanti, e nell'illustrarli a un pubblico entusiasta il critico dà il meglio di sé: una lezione magistrale, prima di concedersi a un giro di saluti, baci, strette di mano e foto ricordo.
MARCO NOCE
18/10/2009