Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Di scena Almond e Cope

Fonte: La Nuova Sardegna
13 ottobre 2009

MARTEDÌ, 13 OTTOBRE 2009

Pagina 36 - Cultura e Spettacoli



Tecnopop e sperimentazione alle giornate inaugurali del terzo Karel Music Expò




GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Due star attesissime, Marc Almond e Julian Cope, hanno galvanizzato tra venerdì e sabato il pubblico del Teatro Civico di Castello, proseguendo il trittico inaugurativo per il 3º Karel Music Expò, avviatosi giovedì fra i nomi di Paolo Benvegnù e Massimo Zamboni. Difatti la “vetrina” dell’indie music, organizzata dalla cooperativa Vox Day, anche quest’anno si è presentata con un cartellone di tutto rispetto, dall’8 al 25 ottobre fra percorsi, iniziative e ospiti internazionali d’indubbio richiamo.
Dislocati fra due palchi, uno “elettrico”, quello vero e proprio del teatro, ed uno “acustico” nello spazio più raccolto di una saletta interna, tutt’e tre i concerti si sono articolati in cinque distinte performances. Ad ogni appuntamento una piccola costellazione di artisti, dove alla maggiore stella spettava il compito di chiudere in bellezza la serata. Quella di venerdì, ad esempio, suggellata dall’unica tappa italiana di Marc Almond, cofondatore e vocalist del duo techno-pop The Soft Cell, formazione di culto degli anni Ottanta. Fresco d’uscita invece l’ultimo”Orpheus in Exile”, Almond conserva ancora come solista tutta la verve da palcoscenico, la voce forse meno elastica ma sempre pregna di quel mood caratteristico fra malinconia e sarcasmo. Ha ripercorso la sua carriera in un’altalena cronologica, da “Tears Run Rings” a “My hand over my heart”, da “Ruby Red” fino all’omaggio “Jacky” per l’adorato Brel a cui dedicò un intero album/tributo, o al più recente “I close my eyes and count to ten”, e così via in un excursus camaleontico di synth-pop, riff da cabaret e rock ballad, per giungere al richiestissimo bis “Tainted Love”, la cover/omaggio a Ed Cobb che portò i Soft Cell alla ribalta.
Sabato i riflettori erano invece puntati su quello sciamano borderline di Julian Cope, musicista britannico sui generis, critico musicale, studioso di culture antiche (fra cui quella nuragica). Da solo con la sua chitarra, che lascia giusto due o tre volte per una tastiera dal suono hammond, a cui applica poi del nastro adesivo per tornare nel frattempo a microfono e corde, mentre canta o fa stralunati monologhi con voce da stregone allucinato e visionario; esibizione didascalica, ai limiti dell’istrionismo, in una panoramica del suo crossover personalissimo fra garage rock, blues psichedelico e sottofondo di pioggia e tuoni.
Ma oltre ad Almond e Cope, uno stuolo di altri ospiti. A partire dal nostrano Bugo (all’anagrafe Christian Bugatti), al giovane Samuel Katarro, talentuoso songwriter. Intimo, autobiografico e legato alla tradizione cantautorale Goodmorningboy, alias Marco Lacampo, così come l’islandese Petur Ben, pure lui alla sola chitarra per un bouquet di canzoni, intrise d’uno spleen delicato che ricorda a tratti certi lavori di Emiliana Torrini. Più dirompente, invece, più caldo ed energico il duo Juan Mordecai, composto da David Moretti e Andrea Viti (membro storico degli Afterhours), chitarra e percussioni per un mix impetuoso di folk, rock e soul. Presenti anche i Chemical Marriage, vincitori della passata edizione di “Sottosuoni”, con un saggio del loro stile destrutturante di vari generi.