Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Immigrazione senza odi

Fonte: La Nuova Sardegna
12 ottobre 2009

LUNEDÌ, 12 OTTOBRE 2009

Pagina 22 - Cultura e Spettacoli



La Boldrini ospite della rassegna: «La società reale è migliore di quella rappresentata»




ROBERTA SANNA

CAGLIARI. La specificità italiana sull’immigrazione poggia sullo scollamento tra la società reale e quella rappresentata. La prima è di fatto più disposta all’accoglienza della seconda, rappresentata nella politica e nell’informazione da un’immagine costruita su paura e pericolo, «sull’etnicizzazione del crimine», sull’amplificazione dei problemi e la censura degli aspetti positivi. Ad indagare e chiarire peculiarità e contraddizioni, il Festival Tuttestorie ha invitato all’incontro coordinato sabato sera da Marino Sinibaldi, Laura Boldrini dell’Alto Commissariato per i Rifugiati, l’antropologo Marco Aime e lo scrittore Eraldo Affinati.
Boldrini porta all’attenzione i respingimenti, di fatto diventati «un argine all’asilo politico», visto che buona parte di coloro che ne hanno diritto arrivano via mare e senza essere stati identificati né ascoltati vengono respinti. E neppure rimpatriati, ma portati in Libia, paese che non dà nessuna garanzia né certezza sul futuro di queste persone e non è fra i firmatari della convenzione di Ginevra. Una grave anomalia che però consente di «mostrare vuoto il Centro di Lampedusa», alimentando così l’idea di salvaguardare l’ordine pubblico. Mentre «sono loro che, costretti a rinunciare al privilegio di poter vivere a casa propria, cercano sicurezza e protezione». Persone che affrontano viaggi terribili, sulle «carrette del mare», dentro una betoniera, infilati sotto i Tir. Di queste esperienze laceranti è testimone Eraldo Affinati che nel libro «La città dei ragazzi» racconta di Noruz giunto a piedi da Kabul a Roma, di Kalik che dalla Sierra Leone ha attraversato il deserto, e di tanti «minorenni non accompagnati» (solo una percentuale, non sappiamo quanti ne muoiono) che ha visto crescere, lavorare, avere dei figli. «Quando li guardi in faccia cadono tutte strutture ideologiche», sottolinea lo scrittore. Ed è «la conferma che la paura è soprattutto un’immagine costruita», sottolinea Marco Aime (autore di «Che bella differenza» percorso sulla diversità dedicato ai più piccoli, divenuto anche spettacolo, in scena ieri al festival).
«Nella retorica politica il vecchio concetto della razza ritorna rivestito da identità e cultura», aggiunge. Insomma, una tribalizzazione, un «razzismo senza razza». Ma più «proiettato» che reale. Infatti, quando il rapporto è individuale la percezione cambia. Lo prova il fatto che «nelle regioni dove è più viva la Lega e ci sono più immigrati con lavoro regolare si sente dire: «ah, ma quelli sono bravi». Colpisce - dice l’antropologo - «la memoria corta: quando dal Nordest emigravano a Torino li chiamavano i «terroni del nord». Dopo la ricchezza acquisita, la rimozione: non si vuole ricordare la povertà». Né si ricorda che si fugge da condizioni di cui in occidente siamo corresponsabili. Conclude Boldrini: continueremo a chiedere al governo l’applicazione dei diritti, e all’informazione una maggiore attenzione alla terminologia e la rinuncia al sensazionalismo.