Inchiesta. Dopo la rissa tra bande viaggio nel quartiere-vetrina che il Comune vorrebbe rilanciare
Dai locali chic della movida allo spaccio di droga
La linea Maginot che spacca in due la Marina si chiama via Sant'Eulalia. Da una parte la nuova movida radical-chic, dall'altra lo spaccio.
La linea Maginot che spacca in due la Marina si chiama via Sant'Eulalia. Da una parte le strade della nuova movida radical-chic, puntellata dai locali di piazza Savoia e i ristorantini in via Barcellona, dall'altra la parte più povera e vecchia del rione: via dei Pisani, via Lepanto, via del Collegio.
Al centro, il sagrato della parrocchia: di mattina sulle panchine si siedono i turisti per concedere una breve tregua ai piedi, di sera sullo stesso marmo si accomodano i pusher. «Da un anno a questa parte, dopo il tramonto, la piazza diventa un punto di riferimento per lo spaccio di droga», racconta Mario Cugusi, parroco e collante delle due anime del quartiere.
UNA RISSA, 2 VERSIONI L'ultimo fatto di cronaca nera, finito sui giornali una settimana fa, è nato proprio qui: un pakistano di 19 anni è andato all'ospedale dopo una dose massiccia di sprangate e pugni arrivati da ragazzi della zona. Anche se sull'accaduto le versioni sono almeno due: secondo la prima si tratterebbe un'aggressione dalle venature xenofobe, la seconda parla invece di una risposta violenta all'attacco di un gruppo di asiatici. Comunque sia, rimangono le bastonate. E non sarebbe neanche la prima volta: negli ultimi mesi è diventato facile imbattersi in una rissa, tanto che l'argomento è arrivato anche in Consiglio Comunale.
NON È RAZZISMO Chi pensa al razzismo però si sbaglia: in un rione dove l'odore del cumino si respira dalla mattina presto ed è più facile trovare un negozio di Kebab che una pizzeria al taglio, pakistani, cinesi, senegalesi, filippini e cagliaritani sono riusciti a trovare un equilibrio stabile. In tutti i campi: dal buon vicinato al business, droga compresa.
«IMMIGRATI IMPORTANTI» Per molti, è grazie agli stranieri se la Marina si tiene a galla: «Meno male che ci sono gli immigrati, altrimenti certe strade sarebbero morte», dice Maria Antonietta Pala, all'ingresso della pasticceria di famiglia in via Napoli. «Nessun problema: qui sentiamo molto di più il bisogno della pedonalizzazione, vorremmo che le auto sparissero dalle strade. Si fa dappertutto, perché non a Cagliari? Se invece parliamo di sicurezza, non credo ci sia da preoccuparsi. Ad esempio, io chiudo solo la porta a vetri, non sento la necessità di tirare giù una saracinesca durante la notte. Il quartiere è tranquillo».
SANT'EULALIA In piazza Sant'Eulalia però al tramonto scatta il coprifuoco, o quasi: «La sera comandano alcuni gruppi di ragazzi. Gente del quartiere e non solo», riferisce don Cugusi. Notti passate tra bottiglie di birra e spinelli, che all'alba vengono fatti sparire dagli addetti del museo e dagli operatori ecologici.
PIETRE E CIBO ESOTICO Nei vicoli le attività commerciali gestite dagli extracomunitari si moltiplicano. Non c'è strada senza un phone center per le telefonate all'estero o uno sportello per il trasferimento internazionale del denaro. Presto aprirà un nuovo alimentari in via Baylle, dove i negozi dei pakistani sono diventati un caposaldo per molti: le signore della Cagliari che conta comprano pietre e fili per coltivare l'hobby delle collane fai-da-te, mentre al “Suq” di via Napoli la clientela non manca mai perché è l'unica bottega dove si trovano prodotti internazionali, dal cibo cinese a quello indiano e thailandese.
CONVIVENZA SERENA Parlare con un immigrato però rimane sempre una piccola impresa: quasi tutti dimostrano una diffidenza atavica verso le domande e si rifugiano dietro un «non capisco». L'unico disposto a chiacchierare è Yussef, pakistano di 29 anni, ambulante di giorno e lavapiatti di notte: «Razzismo? Io non ho mai avuto problemi e neanche i miei amici. All'inizio qualcuno mi guardava storto. Ora non più, anche perché», dice sorridendo, «siamo diventati tanti e nessuno ci dà fastidio».
MICHELE RUFFI
11/10/2009