“No a privatizzazione spiagge libere”: opposizioni sugli scudi in vista dell’apertura della stagione balneare
Aspre polemiche da parte di esponenti delle opposizioni, su tutti Progressisti e Liberu, riguardo il rischio da loro percepito che l'emergenza Covid-19 possa in qualche modo favorire la «privatizzazione» delle spiagge libere della Sardegna. La consigliera Maria Laura Orrù promette battaglia in Consiglio Regionale con la presentazione di una mozione alla Giunta .
Saranno riaperte con ottime probabilità lunedì 18 maggio le spiagge della Sardegna.
Ci sono però ancora diversi nodi da chiarire riguardo alla fruizione degli arenili da parte dei bagnanti durante la fase 2 dell’emergenze epidemiologica Covid-19, soprattutto per quanto riguarda le spiagge libere, che non sono soggette a un controllo diretto.
Diversi esponenti delle opposizioni, sia dentro, sia fuori dal Consiglio regionale, hanno protestato riguardo alcune affermazioni da parte del presidente Christian Solinas che hanno espresso forti preoccupazioni sull’utilizzo in sicurezza delle spiagge libere.
«Non è un segreto che la stagione turistica di quest’anno sarà caratterizzata da un drastico calo delle presenze esterne. Il settore turistico ha bisogno di quelle certezze sollecitate agli inizi di Maggio anche dagli assessori comunali al turismo che hanno scritto alla Giunta, senza mai ricevere risposta. E’ evidente che l’assenza della Regione anche in questa fase delicata porta alcune amministrazioni a compiere fughe in avanti, annunciando la chiusura delle spiagge libere o raddoppiando l’estensione delle concessioni demaniali a discapito della spiaggia libera disponibile gratuitamente per tutti i cittadini. Sarebbe grave che nel totale silenzio della Regione si avviasse, a fari spenti, una nuovo tentativo di privatizzazione delle coste sarde, questa volta ai danni dei tanti che ogni anno frequentano le spiagge libere dell’isola».
Così Maria Laura Orrù, consigliera regionale dei Progressisti, interviene sul futuro della stagione turistica nell’isola e sulle misure di restrizione adottate dalla Regione per vietare l’accesso alle spiagge.
«Già da alcune settimane altre Regioni avevano allo studio protocolli e misure specifiche per consentire l’accesso e la fruizione delle spiagge da parte dei cittadini – prosegue Orrù -. Il Governo ha definito nel frattempo le misure da adottare nei tratti liberi e negli stabilimenti. In Sardegna, regina delle spiagge e del mare pulito, è ancora tutto fermo, nonostante siano già stati riaperti i parchi pubblici, sia stata consentita l’attività sportiva all’aria aperta e in tutto il territorio regionale sia stata autorizzata dalla Regione anche la pesca, sportiva e amatoriale».
Sulle criticità che renderebbero complicata la fruizione delle spiagge libere Orrù evidenzia che «non possiamo aspettarci in Sardegna gli stessi problemi di disponibilità di arenile che avranno invece altre Regioni alle prese con occupazioni private dell’arenile fino al 90% del litorale. La fruibilità delle nostre spiagge per chi non può permettersi il costo del noleggio di lettini e ombrelloni può essere garantita anche col distanziamento tra i bagnanti secondo le indicazioni di sicurezza. Sono convinta che anche quest’anno ci siano tutte le possibilità per garantire ai sardi sia la disponibilità dei servizi balneari a pagamento che l’accesso gratuito ai tratti di spiaggia libera».
Con il 79,4% di spiaggia libera sui 595 chilometri di estensione lineare del litorale sabbioso l’isola detiene anche il miglior rapporto tra spiaggia libera e concessioni demaniali per uso turistico-balneare. La rilevanza del caso Sardegna diventa evidente di fronte al dato medio italiano che vede il 42% di tratti costieri disponibili alla balneazione occupati dai soli stabilimenti balneari.
«La nostra è la regione con la maggiore estensione di spiagge libere e con la più ampia disponibilità di litorale libero rapportata alla popolazione residente – prosegue la consigliera – La necessità di approntare le necessarie misure di sicurezza non diventi in alcun modo un pretesto per estendere in modo incontrollato le concessioni demaniali e assaltare i beni collettivi. Non si costringano le famiglie, già provate dalla crisi economica, a prolungare gioco forza le restrizioni anche durante il caldo torrido annunciato per le prossime settimane».
L’esponente del centrosinistra annuncia la presentazione di una mozione dei Progressisti per chiedere alla Giunta di affrontare tutte le questioni con gli enti locali, responsabili, peraltro, della gestione dei tratti di spiaggia libera da concessioni balneari.
«Senza un coordinamento generale da parte della Regione i Comuni si ritrovano a gestire in solitudine questioni delicate che impatteranno anche sul turismo interno, unica certezza economica e occupazionale in questo periodo di grande emergenza. Se ciascuno dei 100 comuni costieri dovesse adottare protocolli, orari di accesso e modalità di distanziamento, tutti diversi tra loro, si aggiungerebbe ulteriore stress a cittadini e famiglie che per quest’estate di tutto hanno bisogno meno che di starsene rinchiusi in casa e rinunciare a momenti di recupero psicofisico per non incappare in nuovi cavilli burocratici e in ulteriori spese difficilmente sostenibili».
«La Giunta eviti lo stesso pasticcio creato con l’ R(t) comunale e ragioni insieme agli enti locali prima di prendere decisioni avventate – conclude Maria Laura Orrù -. Attivi urgentemente un tavolo con i Comuni per concordare linee di azione condivise a tutela del settore turistico e della sostenibilità economica delle vacanze dei sardi. Servono strumenti tecnologici già utilizzati dai cittadini in questi mesi per supportare l’accesso ai luoghi pubblici. Con la giuste applicazioni anche le ammnistrazioni locali sarebbero in grado di programmare gran parte degli aspetti connessi con l’accesso e la regolare fruizione delle spiagge. Con la disponibilità di appositi fondi regionali che garantiscano la vigilanza quotidiana sul rispetto delle misure di distanziamento si riuscirebbe, allo stesso tempo, a tutelare le spiagge anche dai fenomeni di abbandono di rifiuti e di occupazione impropria della aree destinate al transito dei bagnanti».
«Risale a qualche giorno fa la notizia che si è già dato il via alla manutenzione degli stabilimenti balneari per non farsi trovare impreparati e, racconta l’assessore agli Enti locali Sanna, “in attesa della riapertura, al governo abbiamo chiesto linee guida omogenee per tutto il territorio nazionale per quanto riguarda la distanza da rispettare nel posizionamento di lettini nelle strutture, ma anche a quali regole dovranno attenersi i cittadini nelle spiagge libere” – osserva Pierfrancesco Devias di Liberu -.Già da gennaio 2020 lo stesso assessorato ha presentato la determinazione che ha disposto l’estensione delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2033, recependo il prolungamento disposto dalla legge 145/2018. Un giro d’affari in crescita quello degli stabilimenti balneari visto che, secondo uno studio della Camera di commercio di Milano, solo nell’ultimo anno in Sardegna sono cresciuti di circa il 7%».
«In questi giorni abbiamo sentito nei tg della Sardegna le preoccupazioni dei rappresentanti della categoria, che si sono spinti a chiedere un ulteriore allargamento degli spazi occupati dagli stabilimenti, in ragione del distanziamento antivirus e del mancato guadagno dovuto al ritardo nella partenza della stagione – prosegue Devias -. Pretesti occasionali per famelicità ordinarie, visto che da tempo immemore le spiagge sarde fanno parecchio gola ai tanti imprenditori del settore, anche esterni alla Sardegna, che potendo si approprierebbero dell’intera fascia costiera così come già accaduto in larghe fasce del litorale italiano. Una voracità che va in crescendo, contestata da indipendentisti e ambientalisti, e che per ora ha avuto un freno con l’impugnazione – su segnalazione del meritorio Gruppo di Intervento Giuridico – della legge della Regione Sardegna n.3 del 21 febbraio 2020, recante “ Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del 2015 in materia di piano di utilizzo dei litorali”».
«Ma il fatto che i Sardi siamo frequentatori di spiagge libere non vuole dire che non vogliano nessun tipo di servizi o che questi debbano essere completamente gratuiti: vorrebbero servizi necessari come bagni, docce, bagnino, e li vorrebbero a prezzi accessibili a tutti – conclude -. L’evoluzione delle cose fa invece presagire che i facoltosi stabilimenti col pretesto del Covid e della crisi del settore si estendano ulteriormente e a tempo indefinito, tollerati quando anche non incentivati da settori politici compiacenti, riducendo progressivamente lo spazio delle spiagge pubbliche a zone ristrette e di qualità inferiore. In cambio di questa sottrazione all’uso collettivo, è arcinoto, corrispondono canoni che definire irrisori sarebbe un eufemismo. A differenza di gran parte del turismo esterno, i Sardi solo recentemente hanno conosciuto il sovraffollamento delle spiagge e gli stabilimenti balneari a prezzi esorbitanti. Situazioni paradossali che portano tantissimi Sardi, pur padroni di casa, a preferire di usufruire del loro mare a maggio e settembre. Stiamo praticamente adattando e modellando lo stare in spiaggia alle abitudini ed alle richieste dei vacanzieri, senza tener conto degli abitanti di questa splendida terra e del fatto che quelli sono beni demaniali, quindi della collettività. Non possiamo consentire che tutto venga ridotto a prodotto e tantomeno che ci sia una progressiva ghettizzazione di classe – e tutto pare andare in questa direzione – con i ricchi distesi nelle zone migliori occupate dagli stabilimenti e i meno abbienti ammassati in fazzoletti di scarso valore commerciale. A questo punto ci chiediamo se dietro i proclami “ valorizzazione” delle spiagge non ci sia la stessa ottica politica che qualche settimana fa ha tentato di autorizzare la cementificazione delle coste di Piscinas e Castiadas. Un’operazione a vantaggio di due Srl, di cui una del nord Italia, che tentarono di definire come “di interesse generale”.
Abbiamo decisamente bisogno che si inizino a fare non gli “interessi generali” di alcuni settori, ma l’interesse collettivo del popolo sardo».