Fase 2, tutti i sindaci in ordine sparso. Sulle riaperture non c’è linea comune
Sulle riaperture anticipate dei negozi non c’è una linea condivisa tra i sindaci della Sardegna. I centri più grossi frenano rispetto all’ordinanza del presidente della Regione, Christian Solinas, e scelgono la linea della prudenza. Altri, invece, preferiscono accelerare e tentare, già da lunedì prossimo, di ritornare alla vita normale, seppure con tutte le precauzioni del caso. Tra questi c’è Olbia, dove il sindaco, Settimo Nizzi, ha annunciato la riapertura di tutti i negozi per i servizi alla persona, sulla base dell’ordinanza del presidente della Regione, Christian Solinas. Da lunedì prossimo dunque, via libera alle aperture di tutte le attività commerciali compresi parrucchieri, estetisti, negozi di abbigliamento, calzature e gioiellerie. Questo nonostante sia stato reso noto dalla Regione l’indice di contagio (Rt) solo per i 17 centri della Città Metropolitana di Cagliari. Il provvedimento regionale, infatti, prevede che se l’indice Rt sia uguale o minore di 0,5, il sindaco può autorizzare prima del 17 maggio alcune riaperture anticipate rispetto al dpcm nazionale. Via libera alle aperture anticipate anche a Sant’Antioco (solo i negozi) e Carbonia.
Mario Conoci, Andrea Soddu e Andrea Lutzu, rispettivamente sindaci di Alghero, Nuoro e Oristano, hanno espresso molte perplessità sulla comunicazione della Regione rispetto all’indite Rt, ossia la misura della trasmissibilità del virus alla popolazione: “L’indice dei nostri Comuni (così come quello della maggior parte dei centri sardi) è stato classificato come non calcolabile a causa della bassa presenza di contagi riscontrati. Se da un lato il numero di contagi registrati rappresenta un aspetto positivo, dall’altro l’impossibilità di calcolare l’indice si rivela un forte limite per l’azione dei sindaci, ai quali, con l’ordinanza regionale del 2 maggio, è stata demandata la possibilità di adottare le ordinanze sulla riapertura delle attività proprio in base alla conoscenza del dato, che si sarebbe dovuto attestare in un valore pari o inferiore allo 0,5″.
L’assenza di questo parametro non permette di stabilire se “nei nostri territori si possa aprire in sicurezza o meno, perché, di fatto, non conosciamo il livello di presenza del virus tra le nostre comunità”. I primi cittadini, inoltre, lamentano “l’assenza di linee guida precise ed inequivocabili sulle misure igienico-sanitarie che si dovrebbero adottare e osservare all’interno delle attività a cui eventualmente dovesse essere consentita la riapertura. E ciò a tutela dei clienti, dei dipendenti e degli stessi datori di lavoro, i quali rischierebbero di incorrere in illeciti amministrativi e penali”. Dunque, nonostante la volontà di riaprire per far fronte al disagio economico e sociale, “le ordinanze verranno emanate quando saremo messi in grado di farlo e tutto avverrà con immediatezza.