VENERDÌ, 18 SETTEMBRE 2009
Pagina 2 - Cagliari
Malumori, tensioni, incertezze: nel Cagliaritano un avvio delle lezioni tra mille problemi
Sotto accusa i tagli della Gelmini. «Siamo solidali con chi ha perso il lavoro»
CAGLIARI. «Ricordo ancora il primo giorno a scuola, le mie matite e i pennarelli blu», recitava la sigla del cartone animato “Il libro cuore”, cantata dai Cavalieri del Re. E ieri mattina, per quasi 220 mila studenti sardi, è suonata la prima campanella dell’anno scolastico. Le otto meno cinque, e nella scuola elementare Sergio Atzeni, a Mulinu Becciu, sono già arrivati i nonni vigile.
«Siamo un po’ emozionati anche noi», dice Antonio Donapai, «oggi iniziamo il nostro servizio. Controlleremo che tutto vada per il meglio». Alle otto e un quarto arrivano i primi bambini, tutti vestiti con il grembiulino blu e accompagnati dai genitori, più spesso dalle mamme, anche se non mancano i papà. Molti portano lo zainetto con un mini trolley. Nei loro volti si legge la gioia per l’anno nuovo che sta per cominciare. Intanto nelle aule è tutto pronto per l’accoglienza. Nelle due prime le maestre appendono palloncini rosa e blu e sistemano nei banchi i segnaposto con i nomi degli alunni. «In questo istituto non abbiamo il maestro unico», dice Carmela Demontis, che insegna italiano, storia e geografia, «perché i genitori hanno scelto il tempo prolungato, che partirà da ottobre. Siamo in una zona residenziale e i genitori degli alunni spesso lavorano tutto il giorno». Alessandra Pinna e Elisabetta Canepa insegnano invece in quarta e quinta elementare rispettivamente matematica e lingue straniere. «Siamo felici di poter lavorare anche quest’anno, ma preoccupate e solidali con chi a causa della riforma Gelmini ha perso il posto di lavoro», dicono. La riforma preoccupa i genitori. «Non è un bel periodo per la scuola pubblica», affermano le signore Mazzuzzi e Rinaldi, «ci sono un sacco di problemi, e per questo non siamo tranquille». «Ho un altro figlio che quest’anno farà la seconda media e che ha dovuto cambiare da un anno all’altro tutti gli insegnanti», denuncia ancora Loredana Rinaldi.
Nella scuola elementare Italo Stagno in via Is Mirrionis i bambini delle prime aspettano fuori con i genitori, in attesa di essere chiamati in classe. «Sono contenta che sia stato mantenuto il tempo prolungato e che siano rimaste le maestre dell’anno scorso», dice Monica Galeota.
Dove la riforma scolastica si è fatta sentire di più è la scuola Alagon-Ciusa-Dessì, in via Meilogu, quartiere di San Michele, diventata dal primo settembre 2009 istituto comprensivo. Nonostante anche qui non ci sia il maestro unico, perché si fa il tempo pieno alle elementari e il tempo prolungato alle medie, sono tanti i problemi. «La riforma ha eliminato le compresenze e non ci sono più ore disponibili per i progetti e l’insegnamento di sostegno», ha detto il dirigente scolastico Giancarlo Della Corte, che porta sulla camicia, sotto la giacca, l’adesivo dei Cobas “No ai tagli, difendiamo la scuola pubblica”. «Nel quartiere di San Michele è molto alta la dispersione scolastica e il sostegno è fondamentale», ha aggiunto l’ex insegnante di lingue. Un altro problema è rappresentato dalle classi sovraffollate e dalla difficoltà di fare le sostituzioni. «Una circolare regionale ci invita, quando in una classe manca un’insegnante, a spostare gli alunni nelle altre classi», afferma a riguardo Della Corte, «peccato che non si possa creare una classe che superi i 26 alunni a causa delle norme di sicurezza, e che la maggior parte delle classi raggiunga già questo numero». Solo in casi eccezionali, e a totale responsabilità del dirigente, è possibile assumere personale per le sostituzioni.
Romeo Meli insegna inglese alle scuole medie da diciassette anni. «Ci sono colleghi che per fare le diciotto ore settimanali devono lavorare in quattro scuole diverse», ha detto, «con il risultato che va perdendosi l’identità professionale. Inoltre non sono d’accordo con la crescita dell’inglese a discapito delle altre lingue». I voti poi, fra cui quello in condotta, introdotti l’anno scorso al posto dei giudizi, hanno generato molta confusione. «È stato un incubo», ha ammesso Meli, «siamo arrivati a maggio senza avere in merito un regolamento finale chiaro». Non va meglio ai dipendenti amministrativi, costretti a fare gli straordinari a causa dei tagli. «Ogni giorno sbrighiamo una mole di lavoro impressionante», ha detto una precaria Ata, «e siamo costretti a fare di più di ciò che la legge prevede».
Paolo Camedda