Sant'Elia. Il Comune chiede garanzie economiche al Governo ma per essere ammessi serve una delibera entro il 4 ottobre
Vertice a Roma: «È necessario costruire il nuovo stadio»
Soddisfatto il rappresentante del Cagliari calcio Marcello Vasapollo: «Ma la Figc chiarisca se nella progettazione del nuovo impianto dobbiamo seguire la normativa europea o quella italiana».
DAL NOSTRO INVIATO
ANTHONY MURONI
ROMA La città di Cagliari ha poco più di venti giorni di tempo se vuole cercare di salire sul treno dei campionati europei di calcio 2016. La perentorietà della scadenza è emersa nel corso della riunione operativa dell'Hilton Airport hotel di Roma, alla quale hanno partecipato funzionari dell'Uefa e della Figc. E anche chi, in Comune, in cuor suo forse pensava di potersela cavare con una robusta ristrutturazione dell'attuale stadio Sant'Elia ha dovuto alzare bandiera bianca. «Viste le numerose prescrizioni imposte dall'organismo europeo non ci sono vie d'uscita - ha annunciato, nel corso del suo intervento al workshop di ieri, l'assessore comunale ai Lavori pubblici Raffaele Lorrai - per adeguarci agli standard saremo costretti a demolire l'attuale impianto e a riedificarlo nello stesso sito». Una determinazione che andrà messa nero su bianco, con una delibera di Giunta e una successiva presa d'atto del Consiglio, entro la prima settimana di ottobre. In quei giorni il comitato promotore della Figc completerà il giro delle dodici città che faranno parte del dossier che verrà proposto alla Federazione europea e acquisirà la documentazione preliminare.
LE SCADENZE «È pur vero che dobbiamo consegnare tutto entro il 15 febbraio - ha ricordato il Project manager di Euro 2016 Michele Uva - ma chiuderemo le pratiche già il 20 gennaio. E, vista la sfilza di documenti che ci viene richiesta dalla commissione giudicante, non possiamo correre il rischio di arrivare a quella data aspettando le decisioni dei Comuni». Dunque, urge una decisione non più rinviabile («finalmente», ha sussurrato il dirigente del Cagliari calcio Marcello Vasapollo, che ha rappresentato la società rossoblù nella riunione di ieri) da parte della politica.
L'OCCASIONE Perchè perdere l'occasione degli Europei (l'Italia si contende l'organizzazione con Francia, Turchia e il ticket Svezia-Norvegia) significherebbe rinunciare a uno straordinario strumento di attrazione di potenziali turisti (l'Uefa stima circa 100 mila visitatori per tre partite del girone di qualificazione) e a una vetrina mediatica mondiale. «Una possibilità che non dobbiamo assolutamente lasciarci sfuggire - ha ribadito ieri, a tarda sera, il sindaco Emilio Floris, subito dopo aver ricevuto le informazioni dall'assessore Lorrai - lavoreremo per farci trovare pronti».
REGOLE SEVERE La riunione di ieri è servita anzitutto a ribadire che le prescrizioni dell'Uefa sono diventate strettissime, soprattutto dopo il pasticcio creato da Ucraina e Polonia nell'organizzazione dell'edizione 2012 della rassegna continentale. «Disservizi che sarebbero stati evitati se l'Uefa avesse assegnato a noi i prossimi Europei», ha detto, non senza una punta di polemica, Uva all'inizio del confronto. Ma la battuta non è servita ad ammorbidire le posizioni dei tecnici europei, che in più di un'occasione hanno risposto a muso duro alle richieste di deroga avanzate dai rappresentanti delle dodici città italiane chiamate al tavolo di confronto.
IL PROBLEMA Tutti gli stadi dovranno essere dotati di copertura, non dovranno presentare separazioni né orizzontali né verticali tra i vari settori delle tribune né barriere che dividano i tifosi tra loro e dal campo di gioco. «Sarebbe meglio che fossero gestiti dalle società di calcio o da imprese specializzate del settore e non da un ente pubblico, che non ha le necessarie competenze per valorizzare le potenzialità di impianti che devono essere necessariamente all'avanguardia», ha detto l'inglese Mark Timmer, dell'esecutivo Uefa, «non c'è possibilità di deroghe: se mancano i requisiti minimi anche in un solo stadio la candidatura dell'Italia non sarà presa in considerazione». Ragione per cui la Figc ha già annunciato severità nel controllo dei documenti che Comuni e società calcistiche dovranno fornire per la compilazione del dossier.
NO AL SANT'ELIA Allo stato attuale il Sant'Elia di Cagliari non è dotato né di tribune funzionali (ieri è stato chiarito che anche rimuovendo quelle in tubi Innocenti non c'è alcuna possibilità di recuperare i vecchi settori in cemento armato), né degli “angoli di veduta” che vengono ritenuti necessari dai tecnici europei, per tacere della copertura e dei sei Sky box (palchi con accesso privato, dotati di tutti i comfort) prescritti. Rilievi che sono stati annotati con pazienza sia dal dirigente comunale Mario Mossa (anche lui ormai convinto della necessità di procedere a una demolizione e a una successiva ricostruzione) e dall'architetto Jaime Manca di Villahermosa, il tecnico che per conto del Cagliari calcio ha curato il progetto della Karalis Arena, che dovrebbe sorgere sulle ceneri dell'attuale Sant'Elia. Il progetto (che ormai è quasi esecutivo) dovrà essere forse rivisto nella parte relativa alla capienza: i 25 mila posti a sedere previsti dall'architetto dovrebbero diventare almeno 33 mila per superare le forche caudine dei severissimi censori dell'Uefa. «Una cosa di poco conto - assicura Manca di Villahermosa - basterebbe aggiungere quattro o cinque anelli nella parte superiore delle tribune». Nessun problema, invece, per quel che riguarda gli spazi esterni richiesti per le “Fan zone”, per le aree commerciali e quelle riservate alle televisioni. «È previsto che gran parte della aree oggi destinate a parcheggi ritornino nella disponibilità del Comune», ha assicurato il progettista.
SERVE CHIAREZZA Dal Cagliari calcio, per bocca di Marcello Vasapollo, è arrivato un avviso di tipo generale: «Anche chi, come noi, grazie al clima di collaborazione che si è instaurato con l'amministrazione, è in grado di disporre di un progetto immediatamente cantierabile, si trova in difficoltà a capire a quale legislazione attenersi nella realizzazione dell'opera - ha detto - dobbiamo seguire le prescrizioni europee, che vietano le barriere e il pre-filtraggio dei tifosi, o quelle italiane, con tornelli e separazioni nette?». Una domanda che, via via, è stata ripetuta anche dai gestori degli stadi di Roma, Milano, Firenze, Torino, Napoli, Palermo, Genova, Udine, Bari, Bologna e Verona (le altre undici città che compongono la rosa individuata dalla Figc) e alla quale il dirigente federale Michele Uva ha promesso di dare risposta all'indomani di un imminente vertice tra il presidente Giancarlo Abete e il Governo.
SERVONO FONDI Sullo sfondo un'altra e decisiva domanda, posta ufficialmente dall'assessore Lorrai ai vertici della Federazione: «Noi saremmo anche pronti per partire con le pratiche per il nuovo stadio - ha detto - ma è necessario che il Governo nazionale e quello del calcio ci dicano subito su quali risorse pubbliche possiamo contare per gli investimenti». In attesa di risposte, Cagliari è chiamata a fare delle scelte. Per non perdere il treno ci sono solo venti giorni, ora la parola passa alla politica.
12/09/2009