Palazzo Aymerich senza un futuro
Era un sogno, è diventato un incubo che dura da vent'anni. Da quel lontano 1999 quando Vittorio Angius e il figlio Roberto decisero di acquistare le rovine di palazzo Aymerich, il rudere di via dei Genovesi: rispettando le cubature (e la facciata originale), volevano costruire un edificio da destinare ad abitazioni, magazzini e uffici. Tra vincoli, sentenze dei tribunali amministrativi e intoppi burocratici, il rudere è ancora lì a ricordare i bombardamenti del 1943 e dare alloggio a una numerosa colonia felina. «Se siamo sopravvissuti è solo perché l'acquisto è stato fatto con i risparmi di una vita. Se avessimo comprato il terreno con finanziamenti bancari adesso saremmo definitivamente rovinati», dicono padre e figlio.
L'idea
Nel 1999 gli Angius vengono a sapere che quel rudere fa parte del Piano integrato del centro storico e che c'è un progetto del Comune, approvato da tutti gli enti interessati, per ricostruirlo. Iniziano le trattative che si concludono nel 2004: il prezzo è fissato in circa un milione di euro. Eseguiti tutti gli adempimenti, viene richiesta la concessione edilizia. «Nel progetto», spiega Vittorio Angius, «c'erano 650 metri quadri di coperto destinati al Comune: dovevano servire per uffici e come abitazioni di scambio». Case, cioè, da destinare provvisoriamente a chi ristrutturava la propria abitazione in Castello.
L'intoppo
La concessione edilizia arriva, il 30 novembre 2006 cominciano i lavori: un sopralluogo della Sovrintendenza non rileva niente ma fa iniziare un procedimento. E, otto mesi più tardi, arriva il vincolo. Tutto fermo. Inizia una battaglia legale: il Tar dà torto agli Angius, il Consiglio di Stato nel 2013 ribalta la sentenza. Si parte? No. Il sindaco Massimo Zedda, in previsione del Piano particolareggiato del centro storico, chiede agli Angius di fermarsi: il bene interessa al Comune, si parla di uno scambio.
Il presente
Parte, nel frattempo, un'azione per danni contro la Sovrintendenza. «Ma, qualche giorno prima del deposito della sentenza, arriva un nuovo vincolo». Le ragioni? «Prima il vincolo era stato messo sull'ipotesi di ritrovamenti di fondazioni dell'epoca medievale. Poi ci è stato detto che in un restauro c'è stato l'intervento di Gaetano Cima: nel catalogo dell'architetto, però, non viene citato palazzo Aymerich. Ci ha invece lavorato un suo allievo, un certo maestro Mura. E allora hanno parlato di “scuola del Cima” perché quello è lo stile».
Il futuro
Quel vincolo del marzo 2018 blocca tutto. Ma gli Angius non si arrendono: hanno presentato un ricorso straordinario al presidente della Repubblica. «Abbiamo fatto un calcolo con il commercialista: solo per le spese vive abbiamo sinora perso un milione e mezzo di euro».
Marcello Cocco