Novantenne invalida sfrattata da casa
Nonna Franca ha gli occhi imploranti e non sorride più. «Voglio tornare a casa mia», è la supplica della novantenne - invalida al cento per cento - sfrattata dalla casa dove ha trascorso oltre metà della sua esistenza assieme a Simone Brau. È il nipote che da qualche anno è diventato il suo tutore legale e si prende cura di lei. «Perché non mi porti dove eravamo prima?», gli chiede mentre la mano tremolante si posa sulla sua. Ma da quando hanno ricevuto l'ordine di liberare l'immobile del Comune, non sa cosa più cosa risponderle.
Le ragioni dello sfratto
«È stata riscontrata una situazione critica nell'alloggio, in quanto risulterebbe in essere il pericolo di crollo del solaio di copertura del bagno e della cucina», si legge nell'ordinanza di sgombero inviata dal Municipio il 13 settembre. Si chiude con l'invito a lasciare l'appartamento immediatamente libero. In realtà è da agosto che nonna Franca si è trovata a vagare in una camera d'albergo prima, poi in istituto e infine in un centro diurno. Uniche alternative proposte dal Municipio, in attesa di sistemare la casa di via Baronia (di proprietà comunale). «Non certo soluzioni ottimali per un'anziana affetta da una patologia degenerativa, tanto è vero che nonna è peggiorata e per diverso tempo non camminava neanche più», racconta Simone Brau. «I problemi sono iniziati a luglio, con una perdita nel bagno. Dopo vari solleciti sono intervenuti gli operai e hanno ripristinato il locale senza curarsi della relazione dei vigili del fuoco, che evidenziava la frattura dei solai della zona del bagno e della cucina», spiega. «Ho chiesto chiarimenti senza ottenere risposta, poi il soffitto è crollato. A quel punto ho fatto un'ennesima richiesta: gli operai sono tornati, hanno dato due martellate ed è finita lì». Sono passati più di due mesi e la situazione è sempre la stessa. «Capisco che siano manutenzioni straordinarie, ma non si può chiedere a una novantenne malata di avere pazienza e aspettare, perché tempo non ne ha».
Un'unica domanda
«Mi porti a casa»? La mente di nonna Franca finisce sempre lì, nella piccola casa (ex sociale) al secondo piano di una palazzina a Is Mirrionis, dove sino a qualche mese fa c'erano i suoi punti fermi. Le foto di famiglia, i mobili, i fiori: tutto ciò che le permetteva di orientarsi nel caos dovuto alla demenza di origine vascolare con cui convive. Moltiplicatori di serenità per questa nonnina minuta e anche per Simone, il suo angelo custode, che si era persino licenziato per poterla accudire nel migliore dei modi. In nome di quella promessa sacra fatta quando il padre (figlio di Franca) era in punto di morte: «Gli giurai che le sarei stato sempre accanto e mi sarei occupato di lei». L'ha fatto quando ancora era lucida e aveva il terrore di essere abbandonata, di finire in istituto. «Chiedo che si mettano una mano sul cuore e mi consentano di far morire nonna in pace, a casa sua. Perché è ciò che desidera».
La promessa del Comune
Dal Municipio sembra aprirsi uno spiraglio. «Non ho la competenza sugli interventi di manutenzione. È però un caso molto delicato, un'anziana non in grado di compiere autonomamente le azioni quotidiane della vita, quindi merita l'attenzione dell'intera amministrazione», commenta Alessio Mereu, assessore alla Mobilità e alle Politiche della casa. «Mi attiverò affinché venga seguito con la massima urgenza».
Sara Marci