Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il mistero dei prezzi alle stelle

Fonte: La Nuova Sardegna
2 aprile 2008

Cagliari

Selis: «La città non ha le caratteristiche per un incremento superiore alle grandi metropoli»



Costa: «Bisogna intervenire sulle sacche della speculazione»



Paci: «L’Istat fornisce le variazioni dei costi ma non quelle dei prodotti» Abis: «L’essere un’isola ci penalizza»

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. Con gli ultimi aumenti, un pensionato dovrebbe pagare 46 euro in più rispetto allo stesso mese del 2007, una coppia con due figli 108 euro e un genitore con un figlio 69. La stima è stata elaborata dalla Cgia di Mestre e si riferisce ai dati nazionali. In città, però, gli aumenti sono maggiori. A marzo l’indice dei prezzi al consumo è aumentato, a Cagliari, del 4,2 per cento rispetto allo stesso mese del 2007, a fronte del 3,3 di incremento nazionale. Il tutto con un salto in avanti soprattutto negli alimentari e negli analcolici (più 7,9 per cento), nel trasporto (più 6,8) e nelle abitazioni, acqua ed energia (più 9,5). Ma come mai il capoluogo dell’isola è una delle città nazionali in cui, stando alle rilevazioni dell’Istat, i prezzi lievitano maggiormente? «Si tratta di un problema non semplice, anche perchè tutte le caratteristiche che generano gli aumenti dei prezzi, da noi non ci sono - spiega Gian Mario Selis, consigliere comunale del Pd, già direttore degli uffici della programmazione regionale - noi non siamo una grande città, nè abbiamo una situazione di monopolio commerciale, nè poca manodopera, nè ricchezza diffusa, con in più tantissimi locali sfitti. E nonostante tutto questo i prezzi aumentano di più». Che fare quindi? Per l’assessore comunale Paolo Carta (Attività produttive), «queste sono le regole del libero mercato e della liberalizzazione del commercio. Io credo che questi incrementi siano dovuti dal fatto che il nostro è un mercato piccolo. Noi, come Comune, rileviamo ogni mese i dati Istat. Inoltre credo che i mercati civici aiutino a non far lievitare troppo i costi». Tuttavia gli interrogativi restano. «Il problema - spiega Enzo Costa, responsabile della Camera del lavoro della Cgil - è che non ci sono controlli. E parlo di verifiche da parte dello Stato e non degli enti locali. Mi spiego: se i prezzi aumentano al di fuori delle regole che, normalmente, li fanno lievitare, vuol dire che c’è qualcosa che non va: che qualcuno specula. Allora penso che sarebbero opportuni una serie di controlli, visto anche che sembra (dalle denunce dei redditi) che da questa situazione nessuno ci guadagni. Poi consideriamo che il mercato, più è globale e meno è libero: situazione che si riflette nel locale». In questo quadro «coi salari più bassi d’Europa continua Costa - vuol dire che c’è qualcuno, il commercio, che specula». Argomento, quest’ultimo, che non trova d’accordo Carlo Abis (responsabile regionale della Confesercenti): «Dobbiamo tenere presente che l’anno scorso hanno chiuso qualcosa come 3.500 aziende commerciali e che il saldo con quelle nuove è negativo di circa mille. Va considerato che noi siamo un’isola non autosufficiente (come il resto del mondo) e che c’è l’aumento esponenziale del petrolio. E questo significa maggiori costi per i trasporti. Poi c’è il problema dei generi alimentari come il grano e delle giuste richieste di Paesi, come la Cina, che oggi ne consuma di più. Infine, sì, c’è anche chi specula, ma non è una questione generale». Le “variazioni” dei costi resi noti dall’Istat, però, «non riguardano i “livelli” dei prezzi, che indicano il costo della vita - sottolinea l’economista Raffaele Paci - voglio dire che è possibile che Cagliari sia partita da un livello dei prezzi più basso e che le variazioni verso l’alto siano meccanismi di adeguamento». In sostanza l’Istat non fornisce il valore assoluto (quanto costano, ad esempio, i pomodori a Cagliari), ma le variazioni di questi prezzi. Che fare, infine, per verificare? Far sì, innanzi tutto, «che l’Istat dia i “livelli” dei prezzi nelle varie aree», suggerisce Paci; poi «che si crei un osservatorio che divida i prodotti per fasce (prma necessità ecc.)», afferma Selis: «Per verificare l’incidenza reale sulla famiglia media»; e che si ritorni «alla vendita dei prodotti sfusi: si eliminerebbero almeno i costi dell’imballaggio», precisa Romano Satolli, responsabile regionale dell’Associaoane dei consumatori.