Sorpresa: ristoranti e bar in calo
Sorpresa. Dopo cinque anni la crisi torna in città e colpisce bar e ristoranti. Nel freddo linguaggio dei numeri si tratta di 61 aziende che hanno cessato l'attività nel 2018 (-5% rispetto al 2017), con un saldo negativo di 32. Nei primi sei mesi del 2019 la differenza tra i nuovi ristoranti aperti e quelli che hanno esposto sulla saracinesca abbassata il cartello vendesi è ancora in territorio negativo (-19). «Non è una crisi del settore», avverte Nicola Murru, direttore provinciale di Confesercenti, «ma una lieve decrescita che rappresenta comunque un campanello d'allarme», aggiunge.
La fotografia
Sembra essere finito, dunque, il tempo in cui, negli anni successivi alla grande crisi, chi perdeva il lavoro trovava un rifugio nella cucina. Ristoranti, trattorie, enoteche, birrerie, piadinerie, ma anche pizzerie, friggitorie, gelaterie nascevano continuamente. Oggi non più: in città esistono 951 attività di questo tipo (una cinquantina quelle gestite dagli stranieri, secondo un rapporto di Unioncamere dello scorso marzo). Di queste, però, lavorano appena 824: 127, infatti, sono bloccate da procedure concorsuali o adempimenti burocratici. «Sono in calo sia le attività di ristorazione con servizio al tavolo che quelle senza», spiega ancora Nicola Murru. «I dati dicono che non c'è più molto altro spazio per aggiungere in città altre attività legate alla ristorazione», aggiunge Marco Medda, presidente provinciale di Confesercenti. «A Cagliari abbiamo i poli della ristorazione», Marina, corso Vittorio e piazza Yenne, «dove si concentrano moltissimi locali agevolati dalla pedonalizzazione di quelle aree. Ci sono poi altre zone della città dove le attività nascono ma stentano a stare in piedi».
Nuove abitudini
Che le difficoltà esistano lo conferma Efisio Mameli, titolare di “Pani e Casu” in Castello e membro di Confcommercio. «Da due anni abbiamo visto crescere i clienti del 15% ma il fatturato è calato del 10% circa», dice. Come si spiega? «Le famiglie hanno adattato le proprie abitudini alle nuove condizioni economiche. Questo significa, per esempio, ordinare un solo antipasto, dividere una bistecca, risparmiare sul vino, e via dicendo».
Le cause
A pesare sulla nuova crisi di bar e ristoranti sono anche i costi troppo elevati dei canoni di locazione (in media, 30 euro a metro quadrato) le imposte, «e i controlli esagerati che questo settore deve sopportare», dice ancora Medda.
Un capitolo importante per la sopravvivenza delle attività di ristorazione, secondo le associazioni di categoria, è la formazione. «Troppo spesso i nuovi imprenditori non ce l'hanno», sottolinea Nicola Murru. «Troppo spesso», aggiunge, «manca un'attenta analisi dei costi, oltre alle necessarie competenze e conoscenze che fanno la differenza tra chi si improvvisa ristoratore e chi invece è un professionista. Costruire una attività di ristorazione richiede capitali importanti e predisposizione al rischio che non sono per tutti. Ma soprattutto richiede una preparazione di base che nasce solo dopo una lunga e costante formazione professionale. Formazione ed esperienza rappresentano gli strumenti principali per riuscire a fare una buona attività di impresa in questo settore».
L'appello al Comune
Di fronte a questa situazione di difficoltà del settore della ristorazione, la Confesercenti rivolge un appello all'amministrazione comunale affinché «preveda un piano del commercio che aspettiamo e chiediamo con insistenza da tanti anni. Chiediamo, inoltre, al sindaco Truzzu di impostare un tavolo per discutere di questi aspetti insieme alle associazioni di categoria e cominciare a segnare un percorso che dia un vero sviluppo, aiutando gli imprenditori a crescere».
Mauro Madeddu