Centri anti violenza in crisi «I soldi non bastano più»
Svolgono un ruolo fondamentale nella lotta alla violenza di genere e solo lo scorso anno hanno dato assistenza a mille donne vittime di maltrattamenti e abusi. Ma per i due Centri anti violenza (Cav) operativi in città non sono affatto tempi facili. Colpa del progressivo taglio dei fondi regionali che va avanti da un decennio, non tamponato di certo dall'intervento dello Stato che al momento sul piatto mette solo briciole. E se proprio in questi giorni - su proposta dell'assessore Mario Nieddu - la Regione ha stanziato un milione di euro a cui si aggiungono 545 mila euro di risorse statali, segnando così un deciso miglioramento rispetto al 2018, resta il fatto che i soldi a disposizione dei Cav sono considerati ancora insufficienti.
I fondi non bastano
«Nel 2009, per un Centro dotato anche di una casa rifugio come il nostro, dalla Regione arrivavano 331 mila euro - spiega Silvana Migoni, del Cav Donne al Traguardo -, nel 2018 invece il contributo è sceso a 172 mila euro, mentre con quest'ultimo stanziamento arriviamo a 240 mila euro. Inutile dire che questa erosione ha creato affanno nella gestione, anche perché i costi di una casa rifugio restano costanti a prescindere dal numero di donne ospitate. Così negli anni siamo stati costretti a ridimensionare il personale nel numero e nella disponibilità oraria, passando ad esempio dal full time al part time. Inoltre i fondi arrivano sempre in ritardo e spesso ci si affida al volontariato puro».
Affanno quotidiano
Ancora meno sono i soldi destinati ai Cav senza casa rifugio, come quello di Donna Ceteris che nel 2018 ha ricevuto dalla Regione 42 mila euro, mentre quest'anno arriverà a 50 mila. «Dopo aver accorpato lo sportello di Quartu ora gestiamo un territorio vastissimo - precisa la responsabile Silvana Maniscalco -, che va da Portoscuso a Muravera sino ad Arbus. Non amo fare discorsi di denaro ma ricordo che con noi lavorano psicologhe, assistenti sociali e avvocate che fanno un lavoro immane e danno una disponibilità h24. Rispondiamo anche di notte e nei giorni festivi ma servono risorse per essere messe nelle condizioni di operare capillarmente, anche andando nelle scuole perché la formazione è fondamentale».
La situazione
Eppure la Sardegna è stata negli ultimi anni una delle regioni più virtuose, fra le prima ad adottare una propria legge nel 2007 e ad attivare una rete antiviolenza fra i vari Centri presenti nell'Isola, che attualmente sono otto, di cui cinque con anche una casa rifugio. Non a caso i tassi d'accoglienza restano fra i più alti d'Italia, in linea con i territori più attenti. Evidentemente però ancora non basta. Anche perché lo Stato continua ad avere il braccino davvero troppo corto: basti pensare che, stando all'Istat, nel 2017 i fondi per i Centri antiviolenza sono stati 12 milioni di euro, che - se divisi per il numero delle donne accolte - equivalgono ad appena 76 centesimi al giorno.
I numeri
Ma quali sono i numeri in città? Al Cav di Donne al Traguardo nel 2018 hanno chiesto aiuto 431 donne, mentre quelle effettivamente prese in carico, cioè che hanno iniziato un percorso, sono 148, fra cui ci sono 6 professioniste, 29 laureate e 34 diplomate a dimostrazione del fatto che la violenza fra le mura domestiche è una piaga trasversale. Di queste 17 sono state ospitate nella casa rifugio (per massimo quattro mesi) insieme a 15 minori. Simili i numeri del centro di Donna Ceteris, che lo scorso anno ha dato assistenza a 525 donne. Dati che dovrebbero essere in linea con quelli di quest'anno, a conferma di un trend costante dopo il boom di accessi ai Centri registrato alla fine degli anni Duemila.
Punta dell'iceberg
«Ma in realtà c'è una fetta di sommerso enorme - avverte Migoni -, molte donne continuano a non denunciare e il recente caso Bibbiano ha avuto effetti devastanti perché tante donne ora hanno paura di vedersi portare via i figli». C'è poi un altro aspetto importante, come sottolinea Maniscalco: «Messa in sicurezza la donna cosa succede dopo? È su questo che ci dobbiamo interrogare, facendo tesoro degli esempi di realtà virtuose come la Spagna e l'Inghilterra, dove invece di rincorrere l'emergenza come facciamo in Italia, affrontano il fenomeno a 360 gradi garantendo l'inizio del percorso ma anche la conclusione, cioè l'inserimento lavorativo e una casa».
Più Cav?
All'orizzonte c'è comunque il progetto d'incrementare i Cav nell'Isola. E con la delibera del 30 ottobre la Regione ha fatto il primo passo, destinando 195 mila euro dei fondi complessivi proprio «all'istituzione di nuovi centri antiviolenza». Una misura che però non convince del tutto chi attualmente opera in città. «Forse sarebbe meglio implementare quelle che già ci sono - dice Migoni -, anche perché la coperta rischia di restare sempre corta. Noi ad esempio facciamo già molte ore nei Comuni sardi che hanno aperto uno sportello proprio per garantire la presenza nei territori». Le fa eco Maniscalco: «Aumentare il numero dei centri non so quanto sarebbe davvero utile - spiega -, piuttosto potenziassero quelli esistenti attivando anche verifiche sull'attività svolta. Sono anni che chiediamo un osservatorio in tal senso, per me la criticità non sono i soldi che, comunque, devono essere spesi per le donne».
Massimo Ledda