Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il Dessì cagliaritano

Fonte: L'Unione Sarda
2 settembre 2009




Cagliaritano di nascita, figlio di un ufficiale del 46° fanteria di stanza in città, Giuseppe Dessì sempre rivendicò le sue radici villacidresi, alle «falde delle montagne su cui si rifugiarono gli abitanti della pianura, i pacifici coltivatori di alberi da frutto, quando i Cartaginesi sbarcarono nell'Isola. Sono perciò un sardo dell'interno», scrisse nel 1955 sull'Illustrazione Italiana (e il testo si riaffacciò poi sulle pagine del Convegno degli Amici del libro, dominus Nicola Valle, e ricomparve ancora nella raccolta Un pezzo di luna del 1987). Non si sentiva cagliaritano, Giuseppe Dessì, perché «un sardo di Cagliari è del tutto diverso da un sardo dell'interno. E per fare interno bastano pochi chilometri. È noto che i Sardi costituiscono uno dei nuclei etnici più antichi e omogenei che esistano… ma i Cagliaritani sfuggono a questa legge, sono una popolazione mista, con molto sangue forestiero, abitudini, modi di vita, costumi diversi da quelli del resto della Sardegna…». Insomma la questione che affrontava, per spunto autobiografico, l'autore di Michele Boschino e dei Passeri - il romanzo uscito proprio in quel 1955 - era quella che restò poi cruciale nel dibattito pubblico regionale fino almeno agli anni '70.
Nato giusto un secolo fa in una casa a ridosso del bastione dello Sperone che guardava alla sede antica del Banco di Napoli e a quella rotonda in cui nel 1913 massoni e anticlericali eressero l'erma di Giordano Bruno abbrustolito dall'Inquisizione romana, Dessì ancora bambino si sarebbe poi trasferito in uno stabile della via Garibaldi. E assolutamente gustosi sono i riferimenti a quegli anni e a quei luoghi (che s'alternavano alle permanenze cidresi) presenti nei diari (1926-1948), pubblicati anni fa a cura di Franca Linari. La Cagliari dessiana (infanzia, adolescenza e prima giovinezza) fu per metà quella di Bacaredda e per metà quella d'inizio fascismo che, a comando di Vittorio Tredici, rimosse il monumento bruniano in logica di conciliazione con la Chiesa. Nel capoluogo frequentò le scuole pubbliche, fino alle superiori nel passaggio fra l'Industriale e il liceo dove, a brillare era la stella di Delio Cantimori.

Fascinose sono molte delle descrizioni della città che s'affacciano anche in numerosi articoli firmati sui giornali da Dessì, inclusi quelli rievocanti le devastanti conseguenze dei bombardamenti del 1943. Prevalente divenne, col tempo, la ricostruzione emotiva delle atmosfere giovanili ch'egli associava alle linee architettoniche della città antica fra la Marina e Stampace, i bastioni castellani e le torri trecentesche: quel «profilo rotto, preciso, minuto di case, cupole, campanili» ch'egli riusciva a indovinare orientando lo sguardo dalla terrazza della sua casa cidrese e oltrepassando il castello di San Michele.
Lì erano anche i ricordi delle narrazioni domestiche, che rimettevano in viaggio per il capoluogo il prozio senatore Loru, già sindaco di Cagliari e rettore dell'università, qualche altro familiare patrono in tribunale di ladri e assassini, quel nonno speciale - Angelo Uras - interessato a comprare attrezzi agricoli ed a spedire i capi vaccini per nave, e il padre stesso «per imbarcarsi e andare in guerra».
Il capoluogo, nonostante una lapide affissa là dov'era la casa natale, non ha curato granché la memoria del Dessì cagliaritano. Potrebbe forse occuparsene il dinamico e colto parroco che serve nella chiesa al cui fonte battesimale egli fu accolto bimbetto di tre settimane soltanto, il 28 agosto 1909: Giuseppe Gaetano Antioco Dessì ricevette il sacramento al Santo Sepolcro - chiesa vicaria della parrocchiale di Sant'Eulalia, sbarrata per restauri - nella Marina di Cagliari. Padrini il nonno materno Giuseppe Pinna (l'Angelo Uras Curreli protagonista di Paese d'ombre ), e la seconda moglie di questi, sorella del capitano (poi maggiore e colonnello e generale) Francesco Dessì, il papà del futuro scrittore. Elisa Dessì è a sua volta una delle figure più emblematiche della famiglia, svelata dalla narrativa dessiana in quasi due decine fra romanzi e racconti, e tanto più nel postumo La scelta . È in quelle pagine che viene riferito, con accenti di dramma, della biblioteca murata e dissepolta dal picco che Beppe, ragazzo appena, impugna per ordine della nonna, in una serata dalle suggestioni perfino iniziatiche: s'immergerà, quel quindicenne acerbo, nelle letture di una incontrollata quantità di titoli filosofici, fra Leibnitz e Cartesio, Guicciardini e Cafiero, fino a Marx ed Engels e… Tuveri!, che erano appartenuti agli interessi dello scomparso avvocato Fulgheri - altro cidrese amministratore civico a Cagliari -, la cui eredità giacobina sembrava destinata a sconvolgere, non per male, la mente-cantiere di un ragazzo designato a glorie letterarie oggi seconde solo a quelle della Deledda.
GIANFRANCO MURTAS

02/09/2009